Sulla diga di Kherson i conti non tornano

Chi ha distrutto la diga di Kherson omette particolari decisivi. I media main stream puntano il dito sui russi, ma restano i dubbi.

Sulla diga di Kherson i conti non tornano

Chi ha fatto saltare la diga sul fiume Dnipro? L’Ucraina accusa i russi, Mosca accusa gli ucraini. Forse entrambi avevano qualche ragione per farlo e qualche ragione per non farlo. Potrebbero essere stati i russi per impedire agli ucraini l’attraversamento del fiume: ma questa ipotesi sembra debole a fronte del fatto che la diga era in mano ai russi da un anno e che da allora gli ucraini hanno provato con molti tentativi, sempre falliti, di raggiungere l’altra sponda del Dnipro: operazione difficilissima perché i russi hanno fortificato la riva orientale.

Chi ha distrutto la diga di Kherson omette particolari decisivi. I media main stream puntano il dito sui russi, ma restano i dubbi

O potrebbero essere stati gli ucraini, per il motivo inverso, ossia per impedire ai russi di attraversare il fiume approfittando dell’insuccesso delle prime fasi della controffensiva di Kiev e anche per bloccare l’uso della centrale atomica di Zaporizhzha (che è controllata dai russi e tra non molto avrà bisogno dell’acqua del fiume per il raffreddamento dell’impianto).

Il Ministro degli esteri russo, il generale Sergej Shoigu (nella foto), ha dato la sua interpretazione in un comunicato. Gli ucraini – dice Shoigu – dopo il fallimento dei primi quattro giorni di offensiva, hanno necessità di spostare sulle direttrici d’attacco truppe e mezzi che ora stazionano attorno a Kherson. In tal modo indeboliranno le difese della città. Dunque, afferma Shoigu, per impedire ai russi di attraversare il fiume e attaccare Kherson, gli ucraini avrebbero sabotato la diga.

Anche quando la fase di fuoriuscita delle acque sarà terminata, l’attacco a Kherson sarà impossibile perché la pianura circostante rimarrà per lungo tempo un acquitrino su cui si impantanerebbero i carri armati e i veicoli non cingolati. Shoigu conclude definendo il sabotaggio della diga “un’operazione su vasta scala pianificata in precedenza dal regime di Kiev”. Al di là del reciproco rimpallo delle responsabilità, le ragioni esposte da Shoigu sembrano realistiche. Tra l’altro, il ministro moscovita evita di dirlo, ma l’allagamento distrugge la prima linea fortificata dei russi sulla sponda orientale.

Inoltre la tesi del sabotaggio ucraino potrebbe essere avallata anche dal fatto che nella notte del crollo, due ore dopo li primo cedimento della diga, il governo di Kiev annunciava di avere a disposizioni i mezzi per evacuare la popolazione, se necessario. Si tratterebbe di almeno 20 mila persone, per le quali sarebbero stati necessari centinaia di pullman e camion. Lecito chiedersi cosa ci facessero centinaia di pullman civili nelle vicinanze della diga durante le operazioni di guerra. Al quadro va aggiunto che il Dnipro costituisce il quasi unico approvvigionamento d’acqua per la penisola della Crimea.

Prima dell’invasione russa, gli ucraini ne avevano bloccato il flusso, ripreso solo nel marzo dell’anno scorso quando Mosca conquistò la zona della diga. La sua distruzione potrebbe ora in prospettiva creare gravi problemi di approvvigionamento idrico alla Crimea. Se fossero stati i russi a bombardarla, dovremmo pensare che sarebbe l’ultimo di una perversa serie di atti “autolesionistici” loro attribuiti, come per esempio l’autodistruzione dei gasdotti Nord Stream. E infine un’ultima osservazione: un anno fa la Russia denunciò all’Onu di aver appreso dei piani ucraini per la distruzione della diga. Ma furono parole al vento, perché l’Onu non ne fece nulla.

Leggi anche: Il Nord Stream sabotato da militari ucraini. E gli Usa lo sapevano. La verità in un rapporto della Cia. Ma ci hanno fatto credere l’opposto