“Propaganda intollerabile, il governo è scollato dalla realtà”: parla l’economista Fassina

“L’Europa del warfare è un grande affare per l’industria bellica pagato però dai lavoratori e dalle lavoratrici”: parla Fassina.

“Propaganda intollerabile, il governo è scollato dalla realtà”: parla l’economista Fassina

Con marzo 2025 i mesi consecutivi di crollo della produzione industriale italiana sono 26: su base annua, l’Istat certifica un -1,8%. Stefano Fassina, economista e oggi presidente dell’associazione Patria e Costituzione, che succede?
“Nonostante il dato relativo al solo mese di marzo, dove il risultato de-stagionalizzato è di +0,1%, come lei ricordava l’andamento della produzione industriale continua ad essere negativo dal secondo trimestre del 2022. Continua a marzo a calare la produzione di beni di consumo. Continua a peggiorare il clima di fiducia delle imprese e dei consumatori. Le cito un passaggio dell’ultimo comunicato dell’Istat sull’andamento dell’economia italiana: ‘Il clima di fiducia delle imprese ha mostrato la terza flessione consecutiva ad aprile, coinvolgendo tutti e quattro i principali settori economici. In diminuzione, nello stesso mese, anche la fiducia dei consumatori, con un peggioramento particolarmente marcato delle opinioni sulla situazione economica dell’Italia’. Perché? Perché siamo dentro un radicale cambio di stagione economica, oltre che politica e geopolitica. L’andamento dell’Italia, in misura più o meno marcata, accomuna l’eurozona e l’Unione europea. È finito un lungo ciclo storico, segnato dalla rotta mercantilista alimentata dalla svalutazione del lavoro. Ma il nostro governo, in asse con la presidente della Commissione europea, va avanti inerzialmente puntando a mettere qualche toppa. L’offerta fatta anche dalla presidente Meloni a Trump di acquistare più armi e più gas dagli Stati Uniti aggrava le prospettive della nostra industria, come pure della Germania. La subalternità politica è anche un suicidio economico”.

Qualche giorno prima l’Istat ha diffuso dati impietosi sul calo delle vendite al dettaglio. A marzo – 0,5% in valore e in volume su base mensile e -2,8% in valore e -4,2% in volume su base annua. A soffrire sono tutti i comparti. Il cibo, per esempio, segna un calo dello 0,5% rispetto a febbraio, ma addirittura del 6,7% in volume rispetto a marzo 2024.
“La percezione diffusa è di timore per il futuro. È percepita l’instabilità, l’incertezza. Morde l’inflazione. Il timido recupero di potere d’acquisto sbandierato in occasione del Primo Maggio dal governo avviene dopo una caduta del 10% dei redditi. È evidente che, in tale contesto di dolorosa realtà e di percezioni negative, i consumi, anche fondamentali, si contraggono”.

L’occupazione è risultata in lieve flessione a marzo. La diminuzione ha coinvolto le sole donne e i minori di 35 anni di età. E non conforta il picco di Cigs nell’industria che a marzo ha segnato un +147,71% rispetto a marzo 2024.
“Più che i dati mensili è l’andamento preoccupante perché, come abbiamo rilevato più volte sul vostro giornale, il più alto numero di occupati è segnato da part-time involontario, retribuzioni povere, precarietà, carenza di diritti”.

Eppure il governo Meloni continua a dire che tutto va bene e si bea della recente promozione di Standard and Poor’s che ha alzato il rating dell’Italia, sebbene poi sempre S&P abbia abbassato le stime del Pil dell’Italia allo 0,5% per quest’anno.
“La propaganda è sempre più insopportabile perché astratta dalla vita delle persone, dei lavoratori, delle famiglie. Certo, c’è una parte dell’Italia che va alla grande, mai stata meglio. Sono gli azionisti delle industrie della difesa e relativa filiera, come pure gli azionisti delle banche, delle assicurazioni, del settore farmaceutico. Per loro, come per gli azionisti delle analoghe aziende degli altri Stati Ue e degli Usa, la guerra, la corsa al riarmo, l’Europa del warfare al posto dell’Europa del welfare, è un grande affare pagato da lavoratrici e lavoratori”.

Quanto devono farci paura i dazi Usa?
“Non c’è bisogno di condividere le politiche dell’Amministrazione Trump per riconoscere gli squilibri macroeconomici reali da affrontare: gli Stati Uniti, con o senza The Donald al vertice, non possono più essere il consumatore di ultima istanza del pianeta e il dollaro non può più esserne la sola moneta di riserva. Non è una fisima del ‘cane pazzo’. Sono i numeri. Nel 2025, l’economia cinese, a parità di potere d’acquisto arriva al 19,3% del Pil globale, quella statunitense al 14,8%. Il Dragone, oltre a scalare la classifica della quantità, è anche in vetta della qualità: nel 2021, la Cina ha depositato il 37,8% dei brevetti mondiali; gli USA il 17,8%. Ma l’escalation protezionista trumpiana potrebbe far azionare una leva kenesiana di rivalutazione del lavoro e di ricostruzione del welfare. ‘Le guerre commerciali sono guerre di classe’, scrivono due brillanti economisti yankee, Matthew Klein e Michael Pettis, in un testo del 2020. Consiglio di leggerlo”.