Ha rimediato un doppio schiaffo il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti dall’Europa.
La sua richiesta – il suo chiodo fisso per dirla tutta – di rinviare la deadline del Piano nazionale di ripresa e resilienza, fissata al 2026, è stata respinta da Bruxelles. Tanto dal commissario Ue all’Economia Valdis Dombrovskis quanto – e questa è forse la sberla che brucia di più – dall’uomo di Giorgia Meloni, ovvero dal vicepresidente esecutivo della Commissione europea, Raffaele Fitto.
Doppio schiaffo a Giorgetti: no di Dombrovskis e di Fitto al posticipo della data di scadenza del Recovery
“La richiesta di prestiti tramite lo strumento Safe dovrebbe essere valutata attentamente, considerando l’impatto sulle finanze pubbliche. Per questo motivo sosteniamo l’esplorazione di ulteriori opzioni, tra cui l’utilizzo di fondi del settore privato e la possibilità di estendere il dispositivo per la ripresa e la resilienza oltre il 2026, per aumentare il margine di bilancio a disposizione degli Stati membri per rispondere all’esigenza di aumentare la spesa per la difesa”, aveva detto il ministro leghista all’Ecofin martedì in merito al regolamento sui fondi Ue da 150 miliardi di euro per finanziare progetti congiunti nella difesa, parte del piano ReArm o ‘Prontezza 2030’, che dir si voglia.
Lo strumento Safe, infatti, rischia per Paesi già vulnerabili come l’Italia finanziariamente di generare nuovo debito pubblico.
Giù le mani dai fondi del Pnrr: non si usino per il riarmo
“Quando stavamo preparando la nostra iniziativa ReArm Europe” e le “diverse opzioni su come fornire maggiori finanziamenti per la difesa, un’opzione che abbiamo preso in considerazione è stata quella di valutare la possibilità di utilizzare il Pnrr per scopi di difesa, ma alla fine abbiamo deciso di non farlo per una serie di motivi. Quindi abbiamo optato per un nuovo strumento di prestito a livello Ue, che è lo strumento Safe. Quindi concentrerei il dibattito sul fare progressi certi su tale strumento”, ha detto il commissario Ue all’Economia in conferenza stampa interpellato sulla richiesta del leghista Giorgetti.
“Anche ieri (martedì, ndr), al dibattito in Ecofin, ho detto chiaramente che la scadenza è fissata per l’anno prossimo, ed è impossibile modificarla. Ma abbiamo dato molte opportunità per riorganizzare i piani nei prossimi mesi. Ad esempio abbiamo la possibilità di usare l’articolo 21 del regolamento per altre revisioni. E un’altra opportunità con la comunicazione della revisione intermedia della politica di Coesione” con “la possibilità di spostare i progetti dal Pnrr alla Coesione”, ha puntualizzato Fitto, bocciando senza equivoci la richiesta di posticipare la scadenza del Recovery.
Al M5S non sfugge la disperazione del ministro leghista: non sa dove prendere 10 miliardi
Al M5S non sfugge la disperazione di Giorgetti.
“Giorgetti è disperato, non sa dove sbattere la testa per trovare subito i 10 miliardi per portare le spese militari al 2% del Pil e poi altri 15 miliardi nel 2026, 20 miliardi nel 2027 e così via per arrivare all’assurdo target del 3,5% del Pil nel 2032. Non basta il trucco contabile di conteggiare le spese per la sicurezza perché quelle saranno considerate dalla Nato solo spesa extra. Non può attivare la clausola di salvaguardia del Patto di Stabilità perché comunque l’Italia non ha spazio fiscale per fare extradebito”, affermano i parlamentari M5S delle Commissioni Difesa e Politiche Ue.
“Per lo stesso motivo non si può avvalere dei prestiti del meccanismo Safe che genererebbero altro debito. Torna quindi in campo la proposta indecente di usare per il riarmo i fondi non spesi del Pnrr. Il Movimento 5 Stelle si opporrà strenuamente a questo vero e proprio furto ai danni degli italiani, ai quali Conte ha portato in dote 200 miliardi per la ripresa economica postpandemica – di cui finora ne sono stati spesi meno di 60 – non per regalarli ai produttori di armi italiani, tedeschi e americani”, concludono i parlamentari pentastellati.