A rischio il futuro dell’ex Ilva: per il governo la colpa è dei giudici

Governo in tilt sull'ex Ilva: Urso parla di riconversione a rischio e di impatti sull'occupazione, ma intanto dà la colpa ai giudici.

A rischio il futuro dell’ex Ilva: per il governo la colpa è dei giudici

Il momento è “drammatico”, secondo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano. Sul futuro dell’ex Ilva si addensano le nubi. Il governo è costretto ad ammettere le difficoltà, cercando però di scaricare le colpe sulla procura. E intanto il primo tavolo con i sindacati a Palazzo Chigi non porta alcun risultato né passi avanti concreti. Per i sindacati il tavolo “non è andato bene”: le sigle hanno chiesto garanzie ma non hanno ricevuto risposte adeguate.

La riunione si è aperta con Mantovano che ha ricostruito le fasi della vicenda, fino ad arrivare all’incidente di Taranto di due settimane fa, con il conseguente sequestro probatorio dell’altoforno 1. Il sottosegretario non ha polemizzato con la procura, ma il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, l’ha invece chiamata in causa. Parlando di una decisione che ha “impedito necessari interventi di salvaguardia compromettendo l’altoforno”, che “mette a rischio il processo di riconversione ambientale del sito di Taranto”. Sia dal punto di vista della sostenibilità economica, per il ministro, sia dei pericoli per i “rilevanti impatti occupazionali diretti e indiretti”.

Ex Ilva, governo in tilt: i lavoratori appesi a un filo

Mantovano sostiene che la situazione non sia ancora “definitivamente compromessa”, ma c’è preoccupazione, anche se non rassegnazione, per il sottosegretario. Fatto sta che il salvataggio dell’ex Ilva resta complesso, anche perché le tre ore di confronto a Palazzo Chigi hanno portato solo ad aggiornare la riunione a lunedì, al ministero del Lavoro. I sindacati, che ieri hanno scioperato (con tanto di blocco stradale a Taranto) negli stabilimenti per quattro ore, hanno respinto la richiesta di aumentare la cassa integrazione per circa 4mila addetti. Il governo intanto, insieme ai commissari, prende tempo.

Michele De Palma, segretario generale della Fiom Cgil, chiede allo Stato di “garantire la continuità finanziaria e produttiva dell’azienda: abbiamo chiesto certezza sugli investimenti per la decarbonizzazione e per l’occupazione”. Intanto il governo “non ha dato garanzie”. E così, come spiega il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, “non c’erano le condizioni per continuare. Abbiamo chiesto garanzie per i lavoratori e sulla continuità dell’azienda, a cominciare dal ripristino delle attività sospese”.

A preoccupare è anche la trattativa per la cessione agli azeri: per il sindacalista è “in salita e con troppe variabili”. Il risultato è che “non si chiuderà in tempi brevi”, lasciando l’ex Ilva e i suoi lavoratori nel limbo. Tanto che il vicepresidente del Movimento 5 Stelle, Mario Turco, parla di trattativa “su un binario morto” e che “si avvia al fallimento”. Per Turco, “quello di Urso sull’ex Ilva è un fallimento rovinoso: uno dei tanti nella sua sciagurata esperienza al Mimit”. E per l’esponente pentastellato la soluzione è una sola: “Meloni, che sul tema non ha mai proferito parola, lo deve rimuovere subito”. Per salvare l’ex Ilva.