L’inflazione schiaccia sempre di più verso il basso i salari e il lavoro creato da questo governo è un lavoro povero, a bassissima produttività, pagato male. A certificarlo è stato l’Istat. A denunciarlo da tempo sono i partiti di opposizione, M5S in testa, che anche mercoledì ha chiesto nell’aula del Senato di avviare “immediatamente” la discussione della proposta di legge per l’introduzione del salario minimo. Messa ai voti, la proposta è stata bocciata.
Ma i pentastellati, assieme al Pd e ad Alleanza Verdi e Sinistra, non intendono mollare la battaglia contro il lavoro povero e ieri hanno depositato una mozione unitaria sull’emergenza salariale.
M5S-Pd-Avs: serve una terapia d’urto contro il lavoro povero
“Serve una terapia d’urto. Che passa dal rinnovo dei contratti al salario minimo, a una legge sulla rappresentanza che elimini i contratti pirata fino a una bonifica integrale del lavoro povero. Chiediamo alla maggioranza di confrontarsi su questa emergenza e non di continuare a insistere con la propaganda su un’Italia che non esiste”, hanno dichiarato i capigruppo di Pd, M5s e Avs nella commissione lavoro della Camera, Arturo Scotto, Valentina Barzotti e Franco Mari.
La mozione si articola in nove punti che impegnano il governo ad adottare ogni iniziativa utile, finalizzata al riconoscimento a tutti i lavoratori e le lavoratrici di ogni settore di un complessivo trattamento economico non inferiore a quello previsto dal contratto collettivo nazionale stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, da applicare a tutti i lavoratori del settore di riferimento, ovunque impiegati nel territorio nazionale, prevedendo in ogni caso che, anche alla luce dei parametri europei e del dettato costituzionale, il trattamento minimo tabellare corrisposto ai lavoratori non possa essere inferiore a 9 euro all’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali.
Dal salario minimo alla lotta alla precarietà
Il secondo punto prevede chiare disposizioni volte ad assicurare che l’applicazione dei contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni comparativamente più rappresentative sul piano nazionale sia condizione per poter intrattenere rapporti economici con le pubbliche amministrazioni, con gli organi dello Stato e con gli organismi di diritto pubblico, nonché per accedere ai benefici di legge previsti dal nostro ordinamento.
Terzo: si definiscono misure che assicurino il diritto al risarcimento e la protezione contro trattamenti o conseguenze sfavorevoli sul piano salariale. Quarto: favorire la definizione di una disciplina legislativa della misurazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali e datoriali.
Al centro si chiede di mettere una buona e stabile occupazione
La mozione impegna poi il governo ad avviare un concreto e tempestivo confronto con le parti sociali realmente rappresentative, volto a definire una nuova strategia in materia di lavoro nel nostro Paese, anche attraverso la realizzazione di un piano straordinario pluriennale per il lavoro, che metta al centro la buona e stabile occupazione, il contrasto a ogni forma di precarietà attraverso una vera e propria ‘bonifica’ normativa, così come la diffusione del part-time involontario e di quello fittizio, nonché per l’adozione di iniziative di competenza volte a monitorare e rafforzare le misure di contrasto delle forme di penalizzazione del lavoro delle donne e di divario retributivo di genere.
Il sesto punto prevede di sostenere, in particolare, iniziative legislative volte a ridurre l’uso inappropriato di contratti a tempo determinato comunque denominati, riconducendoli alle loro funzioni proprie, e a contrastare la diffusione del part-time involontario, spesso fonte di lavoro grigio, riaffermando la centralità del lavoro a tempo indeterminato a tempo pieno nel nostro ordinamento.
Il settimo punto chiede di contrastare il fenomeno delle false partite Iva. L’ottavo punto prevede l’introduzione o l’estensione del sostegno economico al reddito.
Infine, si propone di adottare le opportune iniziative affinché si arrivi ad una significativa revisione dei parametri utili alla determinazione dell’indicatore di povertà lavorativa utilizzato dall’Ue, in particolare estendo la platea di riferimento a tutti coloro i quali sono occupati almeno una volta in un anno, con l’esclusione di pensionati e studenti.