All’indomani dell’affondo di Donald Trump, con la revoca ad Harvard della possibilità di iscrivere studenti internazionali, l’università fa causa all’amministrazione Trump. Nell’azione legale l’ateneo spiega che la decisione dell’amministrazione viola il primo emendamento.
“Condanniamo” la decisione “illegale e ingiustificata” dell’amministrazione, afferma il presidente di Harvard, Alan Garber.
La decisione di Trump su Harvard scatena l’ira della Cina e dell’Europa
La Cina parla di “politicizzazione dell’istruzione”. L’Europa chiede che il bando venga ritirato. La portavoce della Casa Bianca, Abigail Jackson, replica definendo “priva di merito” la causa presentata da Harvard. “Se solo a Harvard importasse altrettanto porre fine al flagello degli agitatori anti-americani, antisemiti e filo-terroristi presenti nel loro campus, non si troverebbe in questa situazione”, ha detto Jackson secondo cui “Harvard dovrebbe impiegare il proprio tempo e le proprie risorse per creare un ambiente universitario sicuro, invece di intentare cause prive di merito”.
Secondo il quotidiano studentesco The Harvard Crimson, il Dipartimento per la Sicurezza Interna ha dato giovedì ad Harvard 72 ore di tempo per consegnare tutta la documentazione disciplinare relativa agli studenti internazionali e registrazioni cartacee, audio o video sull’attività di protesta degli ultimi cinque anni, come condizione per “avere l’opportunità” di riottenere l’autorizzazione a iscrivere studenti stranieri.
Un giudice federale della California dà ragione all’ateneo
Intanto un giudice federale della California ha bloccato l’amministrazione Trump dal revocare lo status legale degli studenti internazionali iscritti alle università negli Stati Uniti. “Le università italiane sono aperte al mondo”, dice il ministro dell’Università Anna Maria Bernini.
“Accusare l’università – senza alcuna prova – di simpatie filocinesi o pro-palestinesi è una strategia pericolosa e ideologica, che riporta alla mente il maccartismo degli anni ‘50: un uso repressivo e propagandistico dell’istruzione, basato su sospetti infondati e logiche di esclusione. Chiediamo con forza al governo italiano e alla Commissione europea di prendere posizione con fermezza: non possiamo permettere che studenti e ricercatori, dopo anni di impegno, sacrifici e investimenti, vengano trattati come ostaggi politici. L’università è e deve restare un luogo di libertà, scambio e crescita internazionale – non un campo di epurazione ideologica. Meloni, su questo da che parte stai?”, chiedono gli esponenti M5S in commissione Cultura.