Un silenzio assordante. È quello della premier Giorgia Meloni e del suo ministro degli Esteri, Antonio Tajani, sulla svolta autoritaria abbracciata dal presidente Donald Trump e salutata con grande affetto dal ricercato internazionale Benjamin Netanyhau, contro la Corte penale internazionale.
Sanzionati quattro giudici della Cpi
Non una presa di posizione, ma neanche una parola si è alzata da Roma, sulla decisione di The Donald di sanzionare quattro giudici della Cpi, giustificata (si fa per dire) col fatto che i procedimenti da loro avviati nei confronti dei soldati americani o dell’esecutivo israeliano sarebbero “illegittimi” e “politicizzati”.
“Non abbiamo preso questa decisione alla leggera”, ha spiegato il Dipartimento di Stato in una nota, “Essa riflette la grave minaccia rappresentata dalla politicizzazione e dall’abuso di potere presso la CPI”. Così nel mirino di Washington sono finite le toghe Solomy Balungi Bossa e Luz del Carmen Ibánez Carranza, che hanno avviato le indagini della Cpi su presunti crimini di guerra commessi dai soldati statunitensi in Afghanistan, e Reine Alapini Gansou e Beti Hohler, “rei” di aver autorizzato la Cpi a emettere mandati di arresto per il premier israeliano Netanyahu e il suo ex ministro della Difesa, Yoav Gallant. Ai quattro giudici sarà impedito l’ingresso negli Stati Uniti e i loro beni nel Paese saranno sequestrati, una misura solitamente utilizzata contro i funzionari di Paesi ostili all’America.
Netanyhau ringrazia l’amico Donald
“Gli Stati Uniti intraprenderanno tutte le azioni che riterranno necessarie per proteggere la nostra sovranità, quella di Israele e di qualsiasi altro alleato degli Stati Uniti dalle azioni illegittime della Cpi”, ha affermato il Segretario di Stato Marco Rubio. “Grazie al Presidente Trump e al Segretario di Stato Rubio per aver imposto sanzioni contro i giudici politicizzati della Cpi. Avete giustamente difeso il diritto di Israele, degli Stati Uniti e di tutte le democrazie a difendersi dal terrorismo selvaggio”, aveva quindi postato Netanyhau su X.
Tutto il mondo a difesa della Cpi
Dal canto suo, la Corte ha subito replicato: “Queste misure rappresentano un chiaro tentativo di minare l’indipendenza di un’istituzione giudiziaria internazionale che opera sotto il mandato di 125 Stati parte provenienti da ogni angolo del mondo”.
E dietro a lei le principali entità politiche europee: “La Commissione sostiene pienamente la Corte penale internazionale e i suoi funzionari. La Cpi assicura alla giustizia gli autori dei crimini più gravi al mondo e dà voce alle vittime. Deve essere libera di agire senza pressioni. Sosterremo sempre la giustizia globale e il rispetto del diritto internazionale”, aveva postato la presidente delal Commissione, Ursula von der Leyen, seguita dal presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa: “L’Ue sostiene fermamente la Corte penale internazionale, pilastro fondamentale della giustizia internazionale. La Cpi non si oppone alle nazioni, ma all’impunità. Dobbiamo proteggerne l’indipendenza e l’integrità. Lo stato di diritto deve prevalere sullo stato di potere”.
L’Onu: “Revocate le sanzioni”
E dopo l’Ue, anche l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti umani ha chiesto agli Usa di revocare le sanzioni, affermando che erano contrarie allo stato di diritto.
Slovenia e Belgio sono andate anche oltre, arrivando a chiedere l’attivazione dello statuto di blocco della Ue per i giudici, ovvero lo strumento comunitario che protegge gli operatori dell’Ue dall’applicazione extraterritoriale di leggi dei Paesi terzi.
“Il Belgio, insieme alla Slovenia, chiederà che venga invocato lo statuto di blocco dell’Unione europea”, ha dichiarato il ministro degli Esteri belga, Maxime Prevot, “Sebbene questa sarebbe la prima volta che la legge di blocco viene applicata a difesa della Cpi, il Belgio ritiene che sia essenziale proteggere l’indipendenza della Corte e il suo ruolo cruciale nel rendere giustizia per i crimini più gravi”.
E in tutto ciò l’Italia? Niente, zero, silenzio assoluto. Ennesima dimostrazione della sudditanza del governo Meloni agli Stati Uniti e del modo in cui affronta la questione di Gaza.