Dal lavoro alla cittadinanza, in ballo ai referendum di domani e lunedì ci sono i diritti dei cittadini. Quei diritti negati così tante volte dalle destre al governo. E per questo così impegnate a boicottare la consultazione popolare con la linea dell’astensione politica. Il centrosinistra, invece, pur se impegnato con sfumature diverse sui cinque quesiti, tifa compattamente per un’ampia partecipazione che possa essere un segnale alla maggioranza.
La premier Giorgia Meloni ha annunciato che andrà fisicamente alle urne il giorno dei Referendum ma non ritirerà le schede. La sua presa di posizione, a margine delle celebrazioni della Festa della Repubblica, ha fatto andare su tutte le furie le opposizioni che l’hanno definita una scelta “vergognosa” e “blasfema”, una sorta di contraddizione in termini che sa di “presa in giro agli italiani”.
Destre impegnate a boicottare la consultazione popolare con la scelta dell’astensionismo
Dopo Meloni ieri è stato il turno di Matteo Salvini. “Cosa vuol dire? Giocano al lotto? Il Referendum vince se prende il 50 per cento più uno degli elettori, sotto perde. Quindi se lo vogliono usare per motivi politici gettano la maschera, non gli interessa in realtà il tema del lavoro e della cittadinanza lo usano come battaglia politica per questo non penso che raggiungeranno il quorum”, ha detto il leader della Lega, replicando ai cronisti sull’ipotesi che oltre 12,5 milioni di cittadini vadano a votare e che questo sarebbe un segnale politico anche se il quorum non fosse raggiunto.
Dal M5S ad Avs tutti contro l’appello a disertare le urne
“Quello di Meloni” sul referendum “è un imbroglio. Se vuole dare un segnale, da che mondo è mondo, voti sì, no o ti astieni. Oppure ci metti la faccia e dici: vado al mare. Qua invece vuol fare la furba e imbrogliare i cittadini, anche se è legale. E’ un imbroglio come tanti ne fa, governa ma non governa, abbassa le tasse ma non le abbassa…”, ha detto il presidente del M5S, Giuseppe Conte.
Che voterà sì convintamente ai quattro referendum sul lavoro e sì anche al quesito sulla cittadinanza, pur avendo su quest’ultimo lasciato libertà di voto. Intanto la segretaria del Pd nega divisioni all’interno del suo partito, sebbene la frangia riformista non voti compatta sul lavoro. Sui referendum contro il jobs act “non ho chiesto abiure a nessuno” nel Pd, ma i sondaggi dicono che “il 95% della nostra base elettorale e di militanti è favorevole e li sta spingendo. C’è una forte adesione nel Pd”, ha detto la segretaria dem Elly Schlein.
“Sono cinque Sì convinti, cinque sì che possono cambiare in meglio la vita degli italiani da un giorno all’altro. Il Referendum ha questo potere straordinario di mettere nelle mani dei cittadini la possibilità di decidere sui loro diritti, sul loro futuro senza mediazione, senza delega. Chi oggi si mobilita per cinque sì decide direttamente del proprio futuro. Sono cinque Referendum contro le insicurezze, contro la precarietà, contro la paura, per la dignità”, ha detto Nicola Fratoianni (Avs).
Referendum, ultima chiamata della Cgil: cancelliamo queste leggi balorde
‘’C’è la condizione di poter raggiungere il quorum, questo è il nostro obiettivo, perché è l’unico modo per poter cambiare queste leggi balorde, fatte sia da questo governo che da governi di sinistra, per rimettere al centro il lavoro che in questo Paese è precario, povero e addirittura mortale. E questo si può fare con la democrazia: il nostro invito a votare è perché è il momento di rafforzare la democrazia’’. Così Maurizio Landini, il leader della Cgil che ha promosso i quesiti sul lavoro.
‘’Non si vota per un partito o per un governo ma per migliorare i diritti di chi per vivere ha bisogno di lavorare e dare un futuro ai giovani’’, ha proseguito il segretario ribadendo che ‘’il nostro obiettivo specifico è il quorum’’ e il governo ‘’ha paura perché vede che la gente vuole andare a votare’’.