A urne ancora calde dopo il fallimento del referendum sulla cittadinanza, Antonio Tajani ha riaperto un cassetto che non chiude mai davvero: quello delle riforme di facciata. Con l’usuale formula dell’“integrazione seria”, il ministro degli Esteri ha riproposto una sua variante dello Ius Scholae – ribattezzata Ius Italiae – per dare la cittadinanza ai minori stranieri dopo dieci anni di scuola “con profitto”.
La reazione della Lega è stata, come sempre, di rigetto immediato. Matteo Salvini ha definito la legge attuale “perfetta” e ha accusato Tajani di insistere su una scorciatoia che “gli italiani hanno già bocciato con il referendum”. L’attacco è stato amplificato dai social leghisti, che hanno rilanciato perfino vecchi video di Berlusconi contrari allo ius soli.
Un copione già visto (e mai concluso)
Non è la prima volta. Nell’agosto 2024, Tajani aveva annunciato una proposta di legge in arrivo a settembre. Poi il silenzio. Prima ancora, nel 2023, aveva evocato l’idea in convegni e interviste, definendola una “cosa seria” salvo precisare che non era una priorità del governo. Ogni volta la Lega reagiva con minacce, e Tajani ritraeva la mano. Persino all’interno di Forza Italia, diversi esponenti del partito hanno definito inopportuna un’apertura del genere in questa fase politica.
Il risultato è sempre lo stesso: nessun disegno di legge concreto, solo annunci. Tajani difende l’ennesima proposta appellandosi al programma del centrodestra del 2022, ma lì si parla solo genericamente di “integrazione scolastica e lavorativa”. Anche questa volta, come nota Davide Faraone di Italia Viva, è probabile che tutto finisca “nel nulla”, esattamente come l’estate scorsa.
Meloni assente, ma non neutrale
Giorgia Meloni osserva da dietro le quinte. Non una parola sulla riforma, né a favore né contro. Il suo capogruppo Tommaso Foti si è limitato a dire che non è in programma. Una posizione attendista che non è affatto neutra: serve a evitare di schierarsi con Forza Italia, senza irritare troppo la Lega. La premier gioca a essere ago della bilancia ma nel frattempo l’ago è inchiodato: si parla solo di taglio delle tasse e “rottamazione delle cartelle esattoriali”, non di cittadinanza.
Come nota Francesco Boccia del Pd, Meloni “si nasconde dietro la propaganda”, evitando ogni intervento sui temi più divisivi della maggioranza. Il suo silenzio è una copertura tattica, utile a far parlare Salvini e Tajani mentre lei resta sopra le parti. Una strategia che garantisce la stabilità del governo, ma lascia nel limbo ogni possibilità di riforma.
Una sceneggiata utile a tutti tranne ai diretti interessati
Nel gioco delle parti, Tajani salva l’immagine moderata di Forza Italia, Salvini tiene la Lega incollata al suo zoccolo duro, Meloni evita fratture. Solo i cittadini coinvolti restano esclusi. Lo Ius Scholae – nella versione vera – è sostenuto da buona parte dell’opposizione, dalle Ong e da milioni di persone nate o cresciute in Italia senza diritti pieni.
Il referendum ha fallito per assenza di quorum, non per un no netto. Eppure la destra ne ha fatto un plebiscito a posteriori per chiudere ogni spazio di discussione. Tajani agita lo spettro della riforma solo quando conviene e sempre senza affondare. Chi si chiede perché non abbia mai prodotto una proposta organica in Consiglio dei ministri conosce già la risposta: non può, non vuole, non gli è concesso.
Finché il dibattito resta confinato ai comunicati e ai botta e risposta tra leader, la cittadinanza continua a essere una promessa da campagna elettorale permanente. E per molti, un diritto differito a data da destinarsi.