Il mondo brucia. Con 59 conflitti attivi tra Stati, il 2025 segna un tragico record: è il numero più alto di guerre e crisi armate registrato dalla fine della Seconda guerra mondiale. A lanciare l’allarme è il nuovo Global Peace Index, il rapporto annuale pubblicato dall’Institute for Economics and Peace (IEP), che fotografa un pianeta sempre più frammentato, violento e instabile.
Secondo l’analisi, il Sudan è oggi il terzo Paese meno pacifico al mondo, preceduto solo da Ucraina e Russia. Dall’aprile 2023, la nazione africana è sprofondata in una sanguinosa guerra civile tra le Forze Armate sudanesi (Saf) e le Forze di Supporto Rapido (Rsf), con un bilancio devastante: oltre 6.800 vittime nel solo 2024 e milioni di sfollati.
Il mondo è in fiamme e l’Africa è il fronte più caldo
Il continente africano si conferma l’epicentro di molte delle crisi più drammatiche. La Repubblica Democratica del Congo occupa la 160ª posizione su 163 Stati analizzati, con un conflitto interno protratto da anni e alimentato da decine di gruppi armati, tra i principali responsabili di morti e migrazioni forzate.
Ma il deterioramento della sicurezza africana non si limita ai confini nazionali: secondo il rapporto, Camerun, Nigeria, Ruanda, Ghana e Niger sono coinvolti in almeno cinque conflitti esterni ciascuno, principalmente tramite missioni di peacekeeping o operazioni anti-terrorismo. Complessivamente, 98 Paesi nel mondo sono oggi coinvolti in conflitti internazionali, contro i 59 del 2008.
Il Sahel, in particolare, è indicato come una delle aree più critiche al mondo. L’instabilità politica, la scarsità di risorse e l’infiltrazione di gruppi terroristici – soprattutto in Mali, Burkina Faso e Niger – hanno trasformato la regione in un campo di battaglia dove si confrontano attori statali e non statali in una nuova competizione geopolitica.
Pace sempre più diseguale: solo il 4% dei conflitti si chiude con un accordo
Il rapporto evidenzia anche un peggioramento nel divario globale tra i Paesi più e meno pacifici: la disuguaglianza nella pace è aumentata dell’11,7% negli ultimi vent’anni. In cima alla classifica dei Paesi più pacifici si trovano Islanda, Norvegia, Finlandia, Giappone e Singapore, mentre quelli più instabili sono concentrati principalmente in Africa e in alcune zone dell’Asia e del Medio Oriente.
La possibilità di risoluzione dei conflitti appare inoltre sempre più remota. Solo il 4% delle guerre si conclude oggi con un accordo di pace, contro il 23% registrato negli anni Settanta. La tendenza è quella di scontri prolungati, senza vincitori né vie di uscita diplomatiche, con conseguenze devastanti per le popolazioni civili.
Il costo globale della violenza: quasi 20 mila miliardi di dollari
L’impatto economico dei conflitti è impressionante. Secondo il Global Peace Index, la violenza ha comportato una spesa globale pari a 19.970 miliardi di dollari nel 2024. Di questi, oltre il 74% è legato a spese militari e sicurezza interna. I Paesi più colpiti sono quelli in via di sviluppo, in particolare nell’Africa subsahariana, dove l’equilibrio tra stabilità, sviluppo e sopravvivenza è sempre più fragile.
“Stiamo entrando in un’era di frammentazione del potere globale”, avverte il rapporto. Un mondo dove le alleanze si sgretolano, le istituzioni perdono influenza e i conflitti si moltiplicano, mentre il prezzo – umano ed economico – lo pagano soprattutto i più vulnerabili.