Purtroppo, la prima sessione di colloqui indiretti tra Israele e il movimento palestinese Hamas in Qatar si è conclusa senza risultati, confermando lo stallo che va avanti da tempo. A darne notizia è la Reuters, citando fonti interne alla trattativa, secondo le quali permane una distanza tra le richieste delle parti. Tuttavia, si continuerà a trattare anche nei prossimi giorni, nel tentativo di trovare un accordo che possa porre fine a una guerra che va avanti da oltre 20 mesi.
Un negoziato che appare a dir poco complicato, poiché – sempre secondo quanto trapela dai media – la delegazione israeliana inviata dal primo ministro Benjamin Netanyahu, che nel weekend aveva definito “inaccettabili” le modifiche chieste da Hamas al piano di pace statunitense, non disporrebbe di un mandato sufficientemente ampio per raggiungere un’intesa con il gruppo palestinese. Insomma, Netanyahu non vuole concedere nulla al nemico e la sensazione è che voglia costringere Hamas ad accettare il piano senza alcuna modifica.
Il pressing americano per risolvere lo stallo nei negoziati
Malgrado questa posizione muscolare, il presidente americano Donald Trump continua a mostrarsi ottimista su un’imminente risoluzione del conflitto. Come ha raccontato ai giornalisti americani, in attesa dell’incontro con Netanyahu a Washington, si è detto fiducioso di essere “vicino a un accordo per Gaza”, che “potrebbe arrivare già questa settimana”.
Una sicurezza che, secondo il portale americano Axios, deriverebbe dal fatto che proprio nel faccia a faccia con il primo ministro israeliano, il tycoon vorrebbe convincerlo ad accettare una tregua di 60 giorni, con il rilascio di 10 ostaggi in vita e di 18 deceduti. Uno stop temporaneo ai combattimenti, durante il quale le parti dovrebbero condurre un “vero negoziato” per porre definitivamente fine alle ostilità nella Striscia di Gaza.
Del resto, Trump – che in campagna elettorale affermava che avrebbe riportato la pace nel mondo – di fronte agli schiaffi ricevuti da Vladimir Putin sull’Ucraina, ha ora urgente bisogno di un successo diplomatico da rivendere in patria in vista delle elezioni di midterm.
Pioggia di bombe sulla Striscia di Gaza
Il problema è che, come per l’Ucraina, anche in Medio Oriente il tycoon si trova in un pantano da cui non sembra esserci via d’uscita. E, cosa ancora peggiore, nella Striscia di Gaza le bombe israeliane continuano a piovere dal cielo, seminando morte e distruzione.
Soltanto nelle ultime 24 ore, secondo i dati del ministero della Salute di Gaza, i raid dell’IDF hanno causato almeno 105 vittime, sette delle quali sono morte mentre attendevano gli aiuti umanitari. A queste si aggiungono oltre 356 feriti. Tra i bersagli colpiti anche una clinica medica nel centro di Gaza City, dove sono morti almeno sei civili – tra cui un bambino – e decine di persone sono rimaste ferite.
Quel che è certo è che le continue operazioni militari di Israele hanno letteralmente messo in ginocchio Hamas. A rivelarlo alla BBC è stato un alto ufficiale delle forze di sicurezza del movimento islamista palestinese, secondo cui il gruppo armato ha perso il controllo sull’80% della Striscia e che i clan armati stanno colmando questo vuoto.
“Siamo realistici: non è rimasto quasi nulla della struttura di sicurezza. La maggior parte dei leader, circa il 95%, è ormai morta. Le figure attive sono state tutte uccise. Quindi, cosa impedisce a Israele di fermare questa guerra?”, ha dichiarato il funzionario alla BBC.
“L’Idf ordina omicidi arbitrari di civili palestinesi”. Un riservista israeliano inguaia Netanyahu
Ma in queste ore a far discutere sono le accuse di presunti “omicidi arbitrari” commessi dalle truppe israeliane nella Striscia di Gaza. Questa volta, a puntare il dito contro l’IDF non sono i media occidentali, ma un riservista israeliano che ha prestato servizio per tre volte a Gaza dall’inizio della guerra.
Il militare, intervistato da Sky News, ha raccontato che alla sua unità veniva spesso ordinato di sparare a chiunque entrasse nelle aree definite dai soldati come no-go zone, indipendentemente dal fatto che rappresentasse una minaccia o meno: una pratica che, a suo dire, lasciava civili morti sul posto.
“Abbiamo un territorio in cui ci troviamo, e gli ordini sono: chiunque entri deve morire. Se sono dentro, sono pericolosi, bisogna ucciderli. Non importa chi sia.”
Parole che hanno indignato l’opinione pubblica mondiale, con le Nazioni Unite che hanno chiesto spiegazioni al governo israeliano. Quest’ultimo, però, almeno per il momento, non ha voluto commentare le dichiarazioni rilasciate dal riservista a Sky News.