Si avvicina l’intesa sui dazi, ma per l’Ue saranno oltre il 10%

L'intesa sui dazi tra Ue e Usa è più vicina, con Bruxelles esentata dalle lettere di Trump. Ma le tariffe potrebbero essere superiori al 10%.

Si avvicina l’intesa sui dazi, ma per l’Ue saranno oltre il 10%

Donald Trump continua a inviare lettere per imporre nuovi dazi ma, almeno per il momento, risparmia l’Ue. La trattativa tra Bruxelles e Washington prosegue e alla fine un accordo entro il primo agosto sembra probabile. Anche se non sarà, probabilmente, molto vantaggioso per l’Unione europea.

Per ora, comunque, è un portavoce della Commissione a confermare che Bruxelles non si aspetta di ricevere una lettera da Trump. Il “cauto ottimismo” su un accordo nei prossimi giorni di cui parla il cancelliere tedesco, Friedrich Merz, viene condiviso anche dai mercati: con le trattative che proseguono, le Borse europee hanno chiuse in netto rialzo.

Sui dazi intesa Ue-Usa possibile, ma per Bruxelles nessun vantaggio

Certo, l’intesa è probabile, ma le condizioni non saranno poi così favorevoli per Bruxelles. Secondo il Financial Times, infatti, l’accordo lascerà l’Ue con tariffe più elevate rispetto a quelle concordate dagli Usa con la Gran Bretagna. Bruxelles sarebbe intenzionata a siglare un’intesa quadro temporanea con dazi reciproci al 10%, mentre proseguiranno i colloqui sul dossier.

L’obiettivo resta quello dell’accordo “nei prossimi giorni”, come ha spiegato un portavoce della Commissione Ue. Magari prima che Trump cambi di nuovo idea e mandi anche all’Unione una lettera, come quelle spedite ieri per imporre dazi al 30% all’Iraq e alla Libia o al 25% alla Moldavia. Le lettere del presidente Usa sono rivolte anche all’Algeria, al Brunei e alle Filippine.

Non all’Ue, come detto, che prosegue nelle trattative. La presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, parla di dazi da una “portata senza precedenti” e ribadisce che la linea di Bruxelles è sempre stata chiara: “Saremo fermi”, assicura. Fermi sì, ma comunque preferendo “una soluzione negoziata”. Von der Leyen spiega di aver avuto un “proficuo scambio” con Trump a inizio settimana, ma assicura che resterà fedele ai “nostri principi: difendiamo i nostri interessi, continuiamo il lavoro in buona fede e ci prepariamo a tutti gli scenari”.

Anche il commissario al Commercio, Maros Sefcovic, sembra positivo sulle trattative, sostenendo che i negoziati hanno permesso all’Ue di evitare le lettere di Trump finora. L’obiettivo è raggiungere “una conclusione soddisfacente” nei prossimi giorni, magari con largo anticipo rispetto alla fine del mese. In ogni caso i negoziati sono per Sefcovic “l’unica soluzione” e bisogna puntare al “miglior accordo possibile”. Fermo restando che l’Ue si sta preparando “a qualsiasi scenario”. Eppure qualche avvertimento a Trump l’Ue lo lancia attraverso la ministra degli Affari europei della Danimarca, Paese che detiene la presidenza di turno: “La nostra pazienza non è illimitata”, avverte spiegando che Bruxelles è “pronta ad attivare contromisure mirate e proporzionate a difesa dei suoi legittimi interessi”.

Le tariffe non sono affare italiano

Chi, invece, non ha nessuna intenzione di reagire ma si limita a tentare di compiacere Trump è il governo italiano. Che ha ormai definitivamente abbandonato l’idea di lasciare a Giorgia Meloni il ruolo da pontiere con gli Usa. Ormai per l’esecutivo la trattativa è questione esclusiva dell’Ue, un modo per non prendersi nessuna responsabilità e anche per non irritare Trump. Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, parla di “pragmatismo” e punta a evitare “scenari destabilizzanti” e una guerra commerciale che “non conviene a nessuno”. Come a dire che pur di accontentare Trump, possiamo anche rimetterci qualcosa.

Da Tajani al question time di risposte ne arrivano ben poche e anche per questa ragione i 5 Stelle, con il deputato Francesco Silvestri, sottolineano come il vicepresidente del Consiglio non abbia “detto nulla”, continuando a nascondersi “dietro l’Europa perché non avete un’idea comune delle politiche di export e di cosa deve essere l’Europa stessa”. “Oggi – conclude Silvestri – voi venite in Parlamento, dopo aver promesso l’acquisto di armi e di gas agli Stati Uniti, per dirci che il 10% dei dazi sarebbe un successo”.