Ogni occasione è buona per vantarsi di record. Anche se non esistono. E così stavolta la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, approfitta del palco del congresso nazionale della Cisl per rivendicare i risultati del governo in tema di salari. Peccato che questi risultati si scontrino con dati reali ben diversi da quelli raccontati da Meloni.
“In questi anni – rivendica la presidente del Consiglio – noi abbiamo scelto di concentrare gran parte delle risorse a disposizione per sostenere il potere d’acquisto dei lavoratori, in particolare quelli con i redditi più bassi”. Meloni prosegue: “Veniamo da una lunga stagione di stagnazione dei salari che ha fortemente penalizzato i lavoratori rispetto a quanto avveniva nel resto d’Europa, però da diversi mesi stiamo registrando un’inversione di tendenza, seppur ancora non sufficiente”.
Certo, negli ultimi tempi (più di pochi mesi, a dire il vero) i salari crescono più dell’inflazione. Ma non perché sono le retribuzioni a crescere più del solito, semplicemente perché vengono rinnovati i contratti recuperando solo parzialmente l’inflazione degli scorsi anni, che ora invece è molto più bassa. “Da ottobre 2023 i salari sono tornati a crescere più dell’inflazione”, dice Meloni. Ma cosa dicono davvero i dati?
I veri numeri sui salari reali
Quel che dice Meloni è vero solo in parte. La crescita dei salari reali è recente e soprattutto molto contenuta. L’Ocse, per esempio, testimonia che dall’inizio del 2021 all’inizio del 2025 i salari reali in Italia sono scesi del 7,5%. Mentre la media dell’area Ocse fa registrare una crescita del 2,4%. Peraltro l’organismo internazionale prevede una crescita dei salari reali in Italia “modesta nei prossimi due anni”. Nulla per cui festeggiare, dopo l’inflazione record degli scorsi anni.
Le altre cifre reali arrivano dall’Inps: le retribuzioni contrattuali tra il 2019 e il 2024 sono cresciute di 8,3 punti percentuali. Ma l’aumento dei prezzi è stato del 17,4%. Quindi sono stati persi più di nove punti di potere d’acquisto in cinque anni. Il calo peggiore, ovviamente, è quello registrato con l’inflazione record del 2022 e del 2023.
Ma le retribuzioni sono comunque cresciute poco, anche di recente. Nel 2023 aumentavano solo del 2,9%, nel 2024 la salita è stata di tre punti. Poco più dell’inflazione e con dati assolutamente insufficienti per recuperare il caro-vita degli anni precedenti. Inoltre, nel 2025 l’Ocse prevede per l’Italia un aumento delle retribuzioni solo del 2,6% e poi, nel 2026, del 2,2%. Con un impatto sui salari reali quasi nullo, considerando un’inflazione vicina a questi dati.