Le Lettere

La questione palestinese

La questione di fondo nel dramma palestinese è: Israele ha diritto di esistere? E se sì, entro quali confini? Quelli assegnati dall’Onu nel 1948 o nuovi confini?
Elio Belpasso
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Gentile lettore, lei tocca un tasto sensibile. Ma prima di arrivare a ciò che giustamente chiama “la questione di fondo”, bisognerebbe dare risposte ad altri interrogativi. Cos’è Israele? Cos’è diventato? È un agente del male in una geografia così strategica e vicina all’Europa? La mia personale risposta coincide con quella di Natalia Ginzburg, che non per nulla era un genio e aveva capito tutto già nel 1972, quando ancora si potevano esprimere le proprie idee senza vedersi appiccicata la ridicola e strumentale etichetta di antisemita. Ecco cosa scriveva ne La Stampa del 14 settembre ‘72: “Dopo la guerra abbiamo amato e commiserato gli ebrei che andavano a Israele pensando che erano sopravvissuti a uno sterminio… Abbiamo amato in loro le memorie del dolore, la fragilità… Non eravamo preparati a vederli diventare una nazione aggressiva e vendicativa. Speravamo che sarebbero stati un piccolo paese inerme, raccolto… Questa trasformazione è stata una delle cose orribili che sono accadute. Quando qualcuno parla di Israele con ammirazione, io sto dall’altra parte. Ho capito, forse tardi, che gli arabi erano poveri contadini e pastori… So con certezza che non voglio stare dalla parte di quelli che usano armi, denaro e cultura per opprimere contadini e pastori. Gli uomini e i popoli subiscono trasformazioni rapidissime e orribili. La sola scelta possibile è di essere dalla parte di quelli che muoiono o patiscono ingiustamente”.

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