Avanti uniti contro i magistrati. Tornata dalle ferie ristoratrici, la premier Giorgia Meloni ha deciso di riaprire immediatamente il fronte contro i magistrati, l’unica riforma promessa dal governo più a destra della storia repubblicana che sembra avere i numeri per arrivare a conclusione. O meglio, al referendum.
L’attacco sulla Giustizia
Il governo andrà avanti con la riforma della Giustizia, “nonostante le invasioni di campo di una minoranza di giudici politicizzati che provano a sostituirsi al Parlamento e alla volontà popolare”, ha scandito Meloni tra le ovazioni del popolo ciellino. E non paga, ha rincarato la dose: “Andremo avanti non per sottomettere il potere giudiziario al potere politico” come dice qualcuno “male informato o più spesso in malafede”, ma al contrario per “rendere la Giustizia più efficiente per i cittadini e meno condizionata dalla mala pianta delle correnti politiche e dei pregiudizi ideologici”. Dunque per liberare la Giustizia “dalla politica”.
Frasi fatte, ritornelli, slogan che accompagnano la riforma varata dal Guardasigilli Roberto Nordio (che da pm era contrario alla separazione delle carriere, ma questo se lo era dimenticato) da sempre. Sebbene prive di ogni verità, visto che la separazione delle carriere non c’entra nulla con la durata dei processi… Le toghe sono state anche al centro del passaggio del discorso della premier riguardo ai migranti: “Non c’è giudice, politico o burocrate che possa impedirci di far rispettare la legge dello Stato italiano”.
La risposta dell’Anm: “Applichiamo le leggi, non facciamo politica”
Parole quasi eversive, alle quali ha risposto subito il presidente dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) Cesare Parodi. “A fronte delle odierne parole del presidente Meloni, mi sento in dovere di rassicurare – lei e gli italiani – che non vi è nessuna volontà da parte della magistratura associata di svolgere attività di opposizione politica – in qualsiasi forma – o di impedire o rendere difficoltoso l’esercizio delle prerogative e dei poteri che spettano all’esecutivo, in forza del mandato che ha ricevuto dai cittadini: né sulle politiche migratorie, né su altri temi”.
Per Parodi “i magistrati applicano le leggi che il governo e il Parlamento approvano, trasferendo i principi generali ai casi concreti, tenendo necessariamente conto del quadro normativo generale, nel rispetto delle loro prerogative”. E circa le supposte volontà di boicottaggio delle politiche migratorie, il presidente Anm ricorda che “le recenti decisioni della Corte europea confermano la correttezza di tale approccio, doverosamente rispettoso dei ruoli”.
“Magistratura compatta contro la riforma”
Infine, sulla riforma Parodi aggiunge: “Anche sulla riforma costituzionale, la magistratura associata si presenta sostanzialmente compatta per sostenere democraticamente le proprie posizioni, rispettando sempre e comunque quella del governo e delle altre parti sociali, nella ferma convinzione che il dibattito non possa che giovare ad una corretta e completa elaborazione delle scelte da parte dell’opinione pubblica”.
“Quello che di certo Anm non vuole è che il fisiologico dibattito su temi di rilevanza costituzionale si trasformi in un assurdo e nocivo contrasto tra il potere esecutivo e quello giudiziario – che non ha ragione di esistere, certamente non da parte nostra – e che porterebbe a radicalizzare in chiave ideologica quello che deve essere un confronto tra idee”, conclude Parodi.