Ascoltando Teresa Ribera abbiamo avuto un sussulto. Ci è sembrato che, per un istante, nei palazzi ovattati di Bruxelles fosse tornata di moda la dignità. Che qualcuno, con un incarico di peso, avesse trovato le parole giuste per nominare l’indicibile: genocidio. Non una provocazione, ma una constatazione. Ribera, vicepresidente della Commissione europea, ha parlato del genocidio a Gaza e lo ha fatto in pubblico, in apertura dell’anno accademico di Science Po a Parigi. Ha aggiunto che questa tragedia «mette in luce il fallimento dell’Europa nell’agire e nel parlare con una sola voce». È tutto vero.
Poi, in perfetto orario con l’ufficio comunicazione della Realpolitik, sono arrivate le smentite. La Commissione europea – quella che si dice “dei valori” – ha subito precisato che Ribera «parlava a titolo personale», che «non c’è una posizione ufficiale sulla definizione di genocidio», che giudicare «spetta solo ai tribunali». Come se chiamare le cose con il loro nome fosse una colpa, e non un dovere morale e politico.
Nel frattempo, si celebrano nuovi contratti di armamento, si firma per il sostegno “difensivo” a chi bombarda i civili, si ascolta senza fiatare la propaganda secondo cui tutto è “reazione”. Si invocano le corti internazionali solo per nascondere l’assenza di volontà politica. Anche la dignità, ormai, è facoltativa.
E allora vale la pena chiederselo, oggi più che mai: chi rappresenta davvero questa Commissione? Chi guarda alle macerie di Gaza e sceglie il silenzio perché una parola «non è stata votata dal Collegio»? Chi tace mentre i governi vendono armi a Israele e si limitano a invocare «pause umanitarie» tra un bombardamento e l’altro? Chi non ha trovato il coraggio di interrompere gli accordi di cooperazione, neppure davanti ai corpi dei bambini? E soprattutto: chi si sente rappresentato da questa Commissione, oggi?
Perché chi si riconosce in questa Europa che scarica la sua vicepresidente per aver detto la verità, un giorno ne dovrà rispondere. Non a un portavoce, non in una conferenza stampa, ma davanti alla storia. E davanti alle vittime.
L'Editoriale
Su Gaza (e Ribera) un’Europa senza dignità
