Le notizie che arrivano da Gaza oggi parlano di una carneficina senza tregua. Dall’alba gli attacchi israeliani hanno colpito persino nei pressi degli ospedali: almeno 83 morti in poche ore. Donne costrette a partorire per strada, operatori umanitari uccisi, ospedali sull’orlo del collasso, blackout totale di internet da due giorni.
E mentre la Striscia viene rasa al suolo, i falchi di governo israeliani e i loro partner americani già si spartiscono il bottino. Il ministro ultrà Bezalel Smotrich definisce Gaza «una miniera d’oro immobiliare» e annuncia: «La demolizione è fatta, ora dobbiamo soltanto costruire». Un banchetto sulle macerie, dove si preparano a gettarsi famelici, senza pudore e senza vergogna, trasformando il genocidio in opportunità edilizia e speculativa.
In Europa, intanto, i governi arrancano tra dichiarazioni contraddittorie e mezze condanne. Tajani definisce Gaza «una carneficina» e si dice contrario ai trasferimenti forzati. Parole, appunto. Perché mentre parla, il governo italiano continua a mantenere rapporti politici, commerciali e militari con Israele, continuando a lavarsi le mani di fronte all’evidenza di un massacro.
Eppure la storia non finisce qui. La Global Sumud Flotilla continua il suo viaggio in acque internazionali, carica di coraggio e disobbedienza civile. E a terra la ciurma non è meno decisiva. Le mobilitazioni crescono, gli scioperi si moltiplicano. Ma non basta. Bisogna unire le forze, fermare il Paese se serve, senza più disperdere l’energia. Più date fanno rumore, ma più insieme può cambiare davvero il corso delle cose. Gaza oggi non ha tempo da perdere.