Pur di arrivare alla fine delle ostilità con la Russia, di fatto accogliendo la richiesta che da anni va ripetendo Vladimir Putin al fine di togliergli ogni alibi per la prosecuzione del conflitto, Volodymyr Zelensky ha annunciato che, se si dovesse arrivare alla pace, non esiterebbe a dimettersi e a lasciare spazio a un nuovo presidente ucraino. A dichiararlo è stato lo stesso leader di Kiev nel corso di un’intervista al sito d’informazione statunitense Axios, affermando: “Il mio obiettivo è finire la guerra, non continuare a candidarmi per il mio attuale incarico”.
Proprio per questo ha promesso “di chiedere al parlamento ucraino di organizzare le elezioni se verrà raggiunto un cessate il fuoco, in caso sia possibile garantire lo svolgimento in sicurezza del voto”, aggiungendo di comprendere che le persone possano desiderare “un nuovo leader con un nuovo mandato” che possa prendere “le decisioni importanti necessarie per raggiungere una pace a lungo termine” con la Russia. Si tratta di una vera e propria giravolta rispetto a quanto Zelensky aveva affermato lo scorso 3 marzo, quando si era detto disposto a dimettersi aggiungendo, però, che si sarebbe ricandidato al fine di lasciare al popolo ucraino la responsabilità della scelta.
Scambio di accuse tra Zelensky e Medvedev
Peccato che il leader ucraino, oltre a quest’apertura nei confronti delle pretese del Cremlino, parlando davanti all’Assemblea generale dell’Onu sia poi tornato a evocare la guerra con parole che hanno incendiato il dibattito internazionale. A suo dire, infatti, “la Russia non vuole cessare le ostilità” e l’Ucraina non sarebbe nulla più che “il primo obiettivo di Mosca”, in quanto “Putin vuole espandere questa guerra” ad altri Paesi Ue.
“Dobbiamo spendere di più per difenderci da attacchi di droni e missili russi” e “dobbiamo fermare questa guerra adesso perché è sicuramente meno caro rispetto al creare dei bunker poi”, ha insistito il leader di Kiev. Poi, però, ha lanciato una nuova provocazione alla Russia, affermando che “se la Russia non fermerà la guerra, i funzionari del Cremlino farebbero bene a sapere dove si trovano i rifugi antiaerei”, perché “risponderemo ogni giorno a ogni attacco”.
Parole di fuoco a cui ha replicato il vicepresidente del Consiglio di sicurezza Dmitrij Medvedev con estrema durezza: “Il tossicodipendente di Kiev ha detto che il Cremlino deve sapere dove si trova il rifugio antiaereo per potersi nascondere quando usa armi americane a lungo raggio. Quel cretino deve sapere un’altra cosa: la Russia potrebbe usare armi contro cui un rifugio antiaereo non protegge. E gli americani dovrebbero ricordarselo”.
La pace in Ucraina resta ancora lontana
Insomma, stando a queste dichiarazioni, la sensazione è che la pace sia ancora lontana. Non ne fa mistero il portavoce del Cremlino, Dmitri Peskov, che, pur continuando a sostenere che “la Russia è pronta alla pace”, ha poi lanciato messaggi ambigui affermando che da qualche settimana “da Washington vediamo una retorica diversa. Per ora, partiamo dal presupposto che il presidente Donald Trump mantenga la volontà politica di proseguire gli sforzi per risolvere pacificamente la situazione in Ucraina”.
Tuttavia, conclude Peskov, confermando la sensazione che a Mosca la pace non venga realmente presa in considerazione, “proseguiremo la nostra operazione militare speciale per tutelare i nostri interessi e raggiungere gli obiettivi che il comandante in capo supremo e presidente del nostro Paese, Vladimir Putin, ha fissato fin dall’inizio. E lo stiamo facendo sia per il presente del nostro Paese che per il suo futuro. Non abbiamo alternative”.
Peccato che l’alternativa ci sarebbe e consisterebbe proprio nell’avvio di veri e propri negoziati di pace che, almeno per il momento, sembrano fermi al palo. Qualcosa che il segretario di Stato americano, Marco Rubio, ha detto in modo molto chiaro all’omologo russo Sergei Lavrov, spiegando di aspettarsi che Mosca “faccia passi significativi verso una soluzione duratura del conflitto russo-ucraino”, smettendola di tergiversare. Parole a cui Lavrov ha risposto in modo affermativo, senza però prendere alcun impegno concreto.
Ancora terrore sui cieli della Danimarca
In tutto questo, e come se la situazione non fosse già tesa, ad aggravare il quadro ci si mettono i nuovi sconfinamenti di droni ignoti in Danimarca che, questa volta, hanno interessato l’aeroporto di Aalborg. Su quest’ultimo caso il capo della polizia nazionale, Thorkild Fogde, ha detto che sono in corso indagini e che il velivolo rilevato “è un modello simile a quello che abbiamo visto a Copenaghen (lunedì, ndr)”, spiegando che al momento non è ancora chiaro chi ci sia dietro a questi gravi episodi e che tutte le piste investigative, inclusa quella di operatori amatoriali, restano sul tavolo degli inquirenti.
Dichiarazioni di buon senso, specie in un momento di forte tensione, che però non sembrano condivise dal ministro della Difesa, Troels Lund Poulsen, che si è detto certo che dietro all’incidente “ci sia un attore professionista”, salvo ammettere che al momento “non c’è alcuna prova che i droni siano di Mosca” e che, per questo, “abbiamo deciso di non abbatterli”.
Peccato che, a fronte di queste dichiarazioni distensive, la Danimarca – almeno a livello non ufficiale – sembri aver già emesso un verdetto di colpevolezza nei confronti della Russia, come si evince dal fatto che il governo di Copenaghen ha già contattato la Nato paventando la possibilità di richiedere una riunione urgente con l’attivazione dell’articolo 4 del Patto Atlantico, che prevede che “le parti si consulteranno ogni volta che, nell’opinione di una di esse, l’integrità territoriale, l’indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti sia minacciata”.
In attesa di capire cosa sia realmente successo, dal Cremlino continuano a negare ogni responsabilità. Infatti Peskov ha detto che a Mosca “sentiamo un’isteria esagerata sui nostri piloti militari che violerebbero alcune regole e invaderebbero lo spazio aereo di qualcuno”, ma “queste accuse sono del tutto infondate” in quanto, conclude, “la nostra aviazione militare rispetta tutte le regole di volo nella maniera più stretta”.