Caso Garlasco, nuove perquisizioni: indagato l’ex procuratore Venditti per corruzione in atti giudiziari. Secondo i pm di Brescia avrebbe intascato soldi per archiviare la prima indagine su Andrea Sempio

Svolta nell’inchiesta sull’omicidio di Chiara Poggi: nel mirino la famiglia Sempio e l’ex capo della Procura di Pavia

Caso Garlasco, nuove perquisizioni: indagato l’ex procuratore Venditti per corruzione in atti giudiziari. Secondo i pm di Brescia avrebbe intascato soldi per archiviare la prima indagine su Andrea Sempio

Un appunto scarabocchiato, “Venditti/gip archivia X 20-30 euro”, ha riaperto una ferita che da diciotto anni non smette di sanguinare: l’omicidio di Chiara Poggi a Garlasco in provincia di Pavia. Da quell’enigmatica nota, trovata lo scorso maggio nella villetta dei genitori di Andrea Sempio (quest’ultimo al momento unico indagato per l’omicidio della giovane), è partita la nuova inchiesta che scuote la magistratura lombarda e rimette sotto i riflettori un caso già costellato di colpi di scena, una condanna definitiva e accuse mai sopite.

All’alba di ieri la Guardia di Finanza e i Carabinieri, imprimendo un’inattesa accelerazione all’inchiesta, hanno bussato alle porte di Garlasco, Pavia, Genova e Campione d’Italia. Con grande sorpresa, in uno sviluppo che se venisse confermato sarebbe potenzialmente clamoroso, è emerso che le perquisizioni hanno riguardato l’ex procuratore aggiunto di Pavia Mario Venditti, in pensione dal 2023 e oggi presidente del Casinò di Campione, i genitori di Andrea Sempio, tre zii e due ex carabinieri della sezione di polizia giudiziaria pavese, G.S. e S.S.

Secondo i pm guidati dal procuratore capo di Brescia Francesco Prete e dalla sostituta procuratrice Claudia Moregola, nel 2017 Venditti (allo stato attuale unico indagato per presunta “corruzione in atti giudiziari” nel nuovo filone d’indagine), avrebbe ricevuto – o almeno gli sarebbe stata proposta – una somma fra i 20 e i 30mila euro per chiedere e ottenere l’archiviazione dell’inchiesta che vedeva indagato Sempio per la morte della ventiseienne Chiara, massacrata nella sua casa il 13 agosto 2007.

Il sospetto dei soldi in nero

Il decreto di perquisizione, di cui l’Adnkronos ha dato notizia per prima, citerebbe movimenti bancari sospetti: assegni per oltre 40mila euro emessi da zie paterne di Sempio, prelievi in contanti per 35mila euro da parte di padre e figlio, versamenti e riscossioni che appaiono – almeno secondo la tesi della Procura – “incongrui” rispetto alle normali disponibilità familiari. A rafforzare i sospetti, però, ci sarebbe anche una frase intercettata all’epoca: Giuseppe Sempio parlava con il figlio Andrea Sempio della necessità di “pagare quei signori lì” con modalità non tracciabili.

Non solo. Dalle carte emerge che Andrea Sempio, otto anni fa, avrebbe saputo in anticipo le domande che gli sarebbero state rivolte in Procura. E dopo l’interrogatorio del 10 febbraio 2017, in un’auto con il padre, commentava di aver “cannato” una risposta sull’alibi, ma con la sensazione che gli inquirenti fossero “dalla nostra (parte, ndr)”.

Gli ex carabinieri nel mirino

Il coinvolgimento dei due carabinieri oggi in congedo apre un altro fronte: secondo i pm bresciani, i due ex militari avrebbero intrattenuto “contatti opachi” con Sempio e i suoi familiari poco prima delle audizioni in Procura. In particolare, G.S. avrebbe notificato l’invito a comparire trattenendosi a casa di Sempio per oltre un’ora, tempo giudicato “incompatibile con la mera attività notificatoria”. Il collega, sempre stando alla ricostruzione degli inquirenti, avrebbe avuto rapporti di “particolare confidenza e correlazione con l’indagato Venditti” e contatti non giustificati con Andrea Sempio.

La difesa e le reazioni

I Sempio “sono sereni e collaborano”, ha dichiarato l’avvocato di Sempio, Massimo Lovati, ridimensionando l’ipotesi corruttiva: “20 o 30mila euro sono cifre troppo esigue per un professionista come Venditti”. Intanto la perquisizione nella villetta dei Sempio a Garlasco si è chiusa con scatoloni pieni di pc, telefoni e documenti portati via da carabinieri e finanzieri che nelle prossime settimane li passeranno al setaccio in cerca di ulteriori ed eventuali indizi.

Durissimo il commento di Antonio De Rensis, legale di Alberto Stasi, l’ex fidanzato di Chiara condannato a 16 anni e oggi prossimo alla fine della pena: “Un’accusa di una gravità inaudita. Questa indagine va rispettata: si aggiungono elementi, non si cancellano”.

Più scettico invece Francesco Compagna, avvocato di Marco Poggi, fratello di Chiara: “È il paradosso dei paradossi. Tutto nasce dalla denuncia della madre di Stasi per cercare un colpevole alternativo. Non vediamo nuovi elementi che possano mettere in discussione la condanna definitiva”.

Una ferita che non si chiude

Quel che è certo è che a distanza di diciotto anni da quel ferragosto di sangue, l’omicidio di Chiara continua a essere un rebus che divide magistrati, avvocati e opinione pubblica. Un caso che si è riacceso ora, con l’inedita ombra della corruzione – con un’ipotesi investigativa ancora tutta da dimostrare – che si abbatte sulle indagini del 2017, e che sembra promettere ulteriori e nuovi colpi di scena nel prossimo futuro.