Ultimatum di Trump ad Hamas su Gaza: “Tre o quattro giorni di tempo per dire sì al Piano o espierà l’inferno”. E Netanyahu ribadisce: non nascerà mai lo stato di Palestina

Mentre Trump si loda per il suo piano per Gaza, Netanyahu afferma che l'Idf rimarrà nella Striscia. L'Onu: mai stati interpellati

Ultimatum di Trump ad Hamas su Gaza: “Tre o quattro giorni di tempo per dire sì al Piano o espierà l’inferno”. E Netanyahu ribadisce: non nascerà mai lo stato di Palestina

“Tre o quattro giorni” di tempo per accettare il piano di pace per Gaza che non ha “molto margine per negoziare”, oppure “espierà all’inferno”. È l’ultimatum mandato ieri ad Hamas dal presidente Usa, Donald Trump. Parlando con i giornalisti, Trump ha dichiarato che “potrebbe esserci un accordo in Medio Oriente che non si verificava da 3mila anni”, prima di lamentarsi perché “non mi daranno mai il Nobel per la pace”…

Hamas vuole garanzie

Dal canto suo, Hamas e altre fazioni armate di Gaza sarebbero propense ad accettare il piano. Hamas avrebbe però “richiesto una serie di chiarimenti al mediatore del Qatar sulle garanzie che la guerra non riprenderà dopo che Netanyahu avrà ricevuto gli ostaggi israeliani, sul calendario del ritiro dell’Idf, sulla portata del ritiro e sulle garanzie contro futuri attacchi ai leader del movimento all’estero”. Temi che sono stati discussi dall’organizzazione con i mediatori qatarioti ieri notte in Turchia.

Intanto Netanyahu dice che non riconoscerà la Palestina né l’Idf lascerà Gaza

E, nonostante le dichiarazioni rilasciate in occasione dell’incontro di lunedì con Trump alla Casa Bianca, ieri Benjamin Netanyahu ha rassicurato che l’esercito “rimarrà nella maggior parte di Gaza“. “Recupereremo tutti i nostri ostaggi, vivi e in buona salute, mentre l’Idf resterà nella maggior parte della Striscia di Gaza”, ha detto in un video pubblicato sul suo profilo Telegram.

Frasi che contravvengono a uno dei punti centrali del piano Trump, ovvero il ritiro graduale dell’Idf e il dispiegamento di una “forza di stabilizzazione internazionale”. “Ci viene detto: dovete accettare le condizioni di Hamas. L’esercito deve ritirarsi e Hamas può rafforzarsi, controllare la Striscia… No, no, non funziona così”, dice Netanyahu nel video.

Il premier israeliano ha inoltre precisato di non aver accettato la nascita di un futuro Stato palestinese nei colloqui con The Donald. E di un “clamoroso fallimento diplomatico, un chiudere gli occhi e voltare le spalle a tutte le lezioni del 7 ottobre”, ha parlato invece ieri il ministro delle Finanze, il falco Bezalel Smotrich, che in un lungo post su X ha aggiunto: “A mio avviso, finirà anche in lacrime. I nostri figli saranno costretti a combattere di nuovo a Gaza”.

L’apertura dell’Anp

Dal canto suo l’Anp riferendo di accogliere “con favore gli sforzi sinceri e determinati del Presidente Trump” ha confermato “la disponibilità a collaborare con gli Stati Uniti e tutte le parti per raggiungere la pace”. Su fronte internazionale il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, ha invitato “tutte le parti” ad  attuare il piano per Gaza: “È ora fondamentale che tutte le parti si impegnino a rispettare questo accordo”, ha detto, sottolineando “l’importante ruolo dei paesi arabi e musulmani” nel suo raggiungimento.

L’Onu: “Noi mai interpellati”

Tuttavia la stessa Onu ha anche preso le distanze dal piano, pur essendo citata esplicitamente nel documento. A chiarirlo è stato il portavoce dell’Ufficio Onu per il Coordinamento degli Affari Umanitari (Ocha), Jens Laerke, che da Ginevra ha rivelato come l’organizzazione non sia stata coinvolta nella sua elaborazione. L’Ocha ha ricordato come la distribuzione degli aiuti alla popolazione di Gaza è ostacolata da continui blocchi, requisiti burocratici e saccheggi da parte di civili disperati e gruppi armati e come il piano americano, al punto 8, stabilisca che l’ingresso degli aiuti nella Striscia avvenga “senza interferenze” attraverso le agenzie Onu, la Mezzaluna Rossa e altre organizzazioni indipendenti, prevedendo anche l’apertura del valico di Rafah. Laerke ha ribadito che le forniture sono già disponibili e le strutture pronte a distribuirle, in attesa del via libera da parte di Israele.

Ue, Russia e Cina sposano il Piano Trump

Un invito a “cogliere l’opportunità” di pace è arrivato ieri dalla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, la quale ha assicurato che “l’Ue è pronta a dare il proprio contributo”. Per von der Leyen “una soluzione a due Stati rimane l’unica via praticabile per una pace giusta e duratura in Medio Oriente”. Apprezzamento per il piano è stato espresso anche da Russia (che “sostiene e accoglie con favore”) e Cina.

Idem Madrid, dove però l’entusiasmo del premier Sanchez non è stato condiviso dai ministri del movimento Sumar, per i quali il piano “non garantisce l’autodeterminazione del popolo palestinese né la pace nella zona”, ma sarebbe “un’imposizione da parte degli Stati Uniti e di Israele”.

L’Italia sdraiata si Trump già da lunedì notte

E l’Italia? Palazzo Chigi già lunedì notte è corso a sperticarsi nelle lodi di Trump, la cui proposta “può rappresentare una svolta in questo processo, permettendo di giungere ad una cessazione permanente delle ostilità, al rilascio immediato di tutti gli ostaggi e ad un accesso umanitario pieno e sicuro per la popolazione civile”. Un piano che quindi “l’Italia accoglie con favore”, perché “presenta un ambizioso progetto di stabilizzazione, ricostruzione e sviluppo della Striscia di Gaza, con il pieno coinvolgimento dei partner regionali”.