Mentre la crisi mediorientale sembra avviarsi verso una soluzione diplomatica, la guerra in Ucraina procede senza sosta e, soprattutto, in assenza di segnali che lascino presagire la fine delle ostilità. Anzi, rispetto agli ultimi mesi, le tensioni sono in rapido aumento tra raid sull’Ucraina, contro-raid in Russia e il possibile via libera del presidente Donald Trump alla fornitura di missili a lungo raggio Tomahawk.
Proprio quest’ultimo punto sta monopolizzando l’attenzione del mondo intero, con il leader di Washington che, parlando davanti a una platea di giornalisti, ha detto di aver “preso una decisione” in merito all’invio di questi micidiali missili, capaci di colpire gran parte del territorio russo, senza però precisare in modo esplicito quale essa sia. Dalle sue parole, tuttavia, tutto lascia pensare che il sì alla fornitura sia a un passo, visto che ha dichiarato di voler “porre alcune domande” alle autorità ucraine “su come intendono usare i missili”, aggiungendo di non aspettarsi “un’escalation”.
Dichiarazioni che hanno fatto infuriare il Cremlino, con il portavoce Dmitry Peskov che, al contrario, ha affermato che l’eventuale via libera costituirebbe “una seria minaccia”, perché “si parla di missili che possono anche portare ordigni nucleari”. In ogni caso, aggiunge il fedelissimo di Putin, “dobbiamo aspettare dichiarazioni più chiare” da parte di Trump, ribadendo che a Mosca “continuiamo a ritenere che il presidente americano mantenga la volontà politica di promuovere una soluzione del conflitto ucraino attraverso negoziati pacifici e politici”, che al contrario la fornitura di missili Tomahawk a Kiev allontanerebbe in modo irrimediabile.
Merz si mette l’elmetto
Dall’entourage del presidente russo continuano a filtrare segnali di disponibilità a trovare una soluzione diplomatica al conflitto, salvo poi evitare in ogni modo e con ogni pretesto di dare seguito a tali propositi. Un punto sottolineato con forza dal cancelliere tedesco Friedrich Merz, secondo cui Putin, in realtà, “non vuole avviare nessun negoziato ma solo bombardare”.
Secondo il leader di Berlino, nel corso di un’intervista rilasciata all’emittente televisiva tedesca N-tv, il leader russo “non sta rispettando gli accordi. Il presidente statunitense Donald Trump ha parlato con Putin al telefono e ha concordato che un incontro con Zelensky avrebbe avuto luogo entro due settimane. E Putin non ha rispettato questo accordo. La Russia è, come minimo, un avversario difficile e un nemico del nostro ordine politico”.
Ma non è tutto. Merz è tornato a insistere sulla necessità di armarsi, ribadendo che “lo zar” sta conducendo una “guerra ibrida”, utilizzando la disinformazione e anche i droni che da giorni sorvolano i cieli di mezza Ue, contro la Germania e l’intera Unione Europea, con il preciso scopo di “ribaltare l’ordine politico dell’Europa”. “Per questo sosteniamo l’Ucraina. È nell’interesse della Germania difendere l’ordine politico delle società aperte e libere in Europa”.
Il fronte si infiamma
Nel frattempo, sul campo di battaglia la situazione continua a peggiorare. Se lunedì c’è stato il più grande raid dall’inizio della guerra contro la città di Leopoli, al confine con la Polonia, ieri i combattimenti hanno preso di mira la centrale nucleare di Zaporizhzhia, che da anni è sotto occupazione delle forze di Mosca. A darne notizia, secondo quanto riporta il direttore generale dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea), Rafael Grossi, sono stati gli esperti di stanza presso la centrale, che hanno riferito di “forti esplosioni” nei pressi “del perimetro di sicurezza” istituito a difesa dell’impianto.
Attacchi shock la cui responsabilità, come sempre avviene in questi casi, viene rimpallata tra Mosca e Kiev. Il governo di Zelensky ha subito lanciato l’allarme per i rischi legati ai raid russi nella zona della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, che potrebbero condurre a “una catastrofe nucleare su scala continentale”. Ben diversa la posizione della portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, che ha negato ogni addebito, accusando l’Ucraina, l’Ue e la Nato di mettere in pericolo la centrale con attacchi sconsiderati. “Ricordiamo che è stato a seguito dei bombardamenti delle forze armate ucraine il 23 settembre che la linea elettrica ad alta tensione Znpp-Dniprovska (acronimo con cui ci si riferisce alla centrale, ndr) è stata danneggiata, il che ha portato all’interruzione dell’alimentazione esterna”, ha spiegato Zakharova.
“Coprirendo tali azioni sconsiderate da parte di Kiev, l’Ue e i Paesi della Nato non solo incoraggiano l’Ucraina a lanciare nuovi attacchi contro impianti nucleari pacifici, ma diventano anche loro diretti complici”. Situazione complessa anche al fronte, con Mosca che ha lanciato un duro attacco nella regione di Poltava, colpendo diversi edifici amministrativi e danneggiando in modo significativo l’infrastruttura energetica.
Un’azione che, secondo il vice primo ministro Oleksiy Kuleba, costituisce l’ennesimo “crimine di guerra”, con Putin che “sta cercando di trasformare il freddo e l’oscurità in un’arma” contro l’Ucraina. Nelle ultime 24 ore, infine, sono stati più di 180 gli scontri tra l’esercito russo — che rivendica la conquista di due insediamenti, uno nel Donetsk e uno nei pressi di Zaporizhzhia — e quello di Kiev, che ha fatto sapere di aver riottenuto il controllo di Sichnevoe, nella regione di Dnipropetrovsk.