Più che un piano di rilancio, per i sindacati quello presentato dal governo è un piano per la chiusura dell’ex Ilva. La strategia presentata a Palazzo Chigi punta sull’accelerazione della decarbonizzazione, in quattro anni invece che otto, ma non convince le sigle. Che si dicono tradite dal ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, e chiedono alla presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, di prendere in mano la situazione.
Lo scontro è andato in scena martedì sera, quando il governo ha annunciato il suo piano per l’ex Ilva, a partire dagli interventi di manutenzione programmati da novembre per poi arrivare agli altri che si spera faccia un acquirente nel 2026. E proprio parlando di acquirenti, è spuntato un altro operatore in una trattativa per ora segreta. Il punto più problematico, nell’immediato, è però l’estensione della cassa integrazione che riguarderà 6mila lavoratori da gennaio (contro i 4.550 attuali). Per Fim, Fiom e Uilm a questo punto non c’è altra soluzione oltre l’intervento dello Stato.
Ex Ilva, i sindacati contro Urso: “Intervenga Meloni”
I sindacati parlano di un “piano di morte” per l’ex Ilva e di un “vero e proprio tradimento” da parte di Urso. Ragione per cui chiedono a Meloni “di prendere in mano il tavolo e superare quello che è accaduto” durante il confronto. E intanto una nuova convocazione per i sindacati viene annunciata per il 18 novembre. “Eravamo stati convocati per discutere il piano di riconversione di agosto e ci hanno presentato un piano di chiusura”, accusano i sindacati in conferenza stampa: “Oggi non ci sono alternative allo Stato”, che deve “farsi carico della ripartenza dell’impianto di Taranto e poi vedere se ci sono privati che si affiancano”.
Linea condivisa anche da Antonio Decaro, candidato alla presidenza della Regione Puglia, secondo cui lo Stato deve entrare “all’interno della proprietà” fino alla decarbonizzazione. Eppure le sollecitazioni dei sindacati non turbano Urso, che al question time non fornisce una risposta concreta sul futuro dell’Ilva e si limita a sostenere che l’Italia potrebbe diventare “il primo Paese europeo a produrre solo acciaio green”. Il problema, però, è capire se per gli stabilimenti e i lavoratori ci sarà un futuro.
Perché, come sottolinea il leader della Fim Cisl, Ferdinando Uliano, lo Stato vuole fare cassa invece che puntare sul rilancio industriale. Inoltre, aggiunge il segretario generale della Uilm, Rocco Palombella, “per la prima volta hanno dichiarato di fermare le batterie” che servono agli altiforni. Vorrebbe dire “fermare gli impianti”. L’altro problema, per il segretario generale della Fiom Cgil, Michele De Palma, è che Urso ha “sostenuto un piano completamente diverso rispetto a quello concordato”, ed è ritenuto un “piano di chiusura dell’azienda”.