Violenza di genere in Italia: i nuovi dati ActionAid su paura, insicurezza e disuguaglianze 2025

Dai trasporti agli spazi pubblici, dal digitale alla casa: i dati ActionAid 2025 raccontano un’Italia che continua a normalizzare la violenza

Violenza di genere in Italia: i nuovi dati ActionAid su paura, insicurezza e disuguaglianze 2025

Non è un singolo numero a descrivere il presente, ma la costanza con cui si ripetono gli stessi squilibri. La nuova indagine di ActionAid e Osservatorio di Pavia – pubblicata a novembre 2025 – restituisce un Paese che continua a organizzare la vita delle donne entro confini culturali rigidi. Le generazioni cambiano, la struttura no. Lo mostra la casa, prima geografia della disuguaglianza: il 74% delle donne gestisce da sola il lavoro domestico, una percentuale che sale oltre l’80% tra le Boomers e l’83% nella Gen X. I padri che si occupano da soli dei figli/e restano al 10%, contro il 41% delle madri.

In questo equilibrio inclinato si innesta la violenza economica: il 51% degli uomini amministra da solo le finanze familiari, consolidando un potere materiale che diventa terreno fertile per dipendenze e controlli. Nel Centro Italia il divario tocca il culmine: 60% uomini contro 31% donne. È lo stesso squilibrio che poi si riverbera nelle relazioni: per ActionAid, un uomo su tre ritiene accettabile la violenza economica e uno su quattro giustifica abusi verbali o psicologici.

Strade, mezzi e spazi pubblici: l’insicurezza come ambiente

La frattura non resta chiusa nelle mura domestiche. Appena si attraversa la soglia, si scopre che la mobilità femminile è costruita su un’ansia costante. Nei mezzi pubblici il timore è la norma: il 38% del campione ha avuto paura almeno una volta, ma tra le giovani della Gen Z la quota sale al 65,5%. L’insicurezza non dipende dal luogo, ma dal genere: per molte donne la metropolitana è «sicura solo di giorno» (40%) o «solo se accompagnata» (25%). È un paternalismo che continua a regolamentare le libertà femminili, confermato dal dato sugli uomini che pensano che una donna viaggi “in sicurezza” solo se affiancata: 28%.

La stessa logica attraversa gli spazi pubblici. Il 52% delle donne ha sperimentato paura in strada o nei parchi, contro il 35% degli uomini. Tra le giovani la soglia arriva al 79%, a segnalare un cortocircuito evidente: la generazione più alfabetizzata ai diritti è anche quella più consapevole dei rischi che regolano la città. Un quinto delle persone con disabilità evita del tutto gli spazi pubblici, mostrando un’incertezza che cresce quando alle discriminazioni di genere si sommano quelle dell’accessibilità.

Cultura e digitale: i nuovi luoghi dove si forma la normalità

L’architettura culturale non compensa. Il 55% delle donne si è sentita svalutata nei prodotti culturali, percentuale che tocca il 70% tra le ragazze della Gen Z. La rappresentazione rimane sbilenca: metà del campione non vede negli spazi culturali alcun invito a riflettere sulle disuguaglianze; per il 9% gli stereotipi sono addirittura parte integrante dell’offerta.

Il mondo digitale non è un rifugio. Qui la violenza è più sottile e rapida: il 40% delle donne teme reazioni sessiste ai propri contenuti; tra le under 28 il dato balza al 59,3%. Il digitale riproduce la stessa fragilità culturale: chi lavora ha più paura (46,1%) e chi appartiene alle minoranze sessuali ancora di più (fino al 54,5% tra gli uomini non etero).

A chiusura del cerchio, la legittimazione della violenza. Solo un terzo del campione dichiara di essere intervenuto almeno una volta davanti a un episodio di violenza. Il 57% afferma di non aver mai visto nulla, una cecità culturale che non implica l’assenza del fenomeno, ma la sua normalizzazione. Le generazioni più giovani riconoscono e reagiscono di più, ma sono anche quelle dove la tolleranza verso alcune forme di abuso cresce: tra gli uomini Millennials il 55% ritiene legittimo controllare la partner.

La conclusione del report è una diagnosi politica: l’Italia non ha ancora una politica efficace per affrontare le radici della violenza. La Strategia nazionale per la parità 2021–2026 prevedeva l’integrazione sistematica della prospettiva di uguaglianza nelle politiche pubbliche (il principio europeo noto come gender mainstreaming), ma è rimasta un impegno sulla carta.

L’EIGE assegna all’Italia un indice di efficacia del 41,1%, molto sotto la media europea. La Spagna, che destina oltre metà dei fondi alla prevenzione, ha ridotto i femminicidi del 30% in vent’anni. ActionAid propone di vincolare almeno il 40% delle risorse antiviolenza alla prevenzione primaria: il minimo per trasformare una dichiarazione in un cambiamento reale.

La fotografia che emerge è chiara: l’Italia continua a vivere in un modello di sicurezza condizionata, libertà parziale e rappresentazioni distorte. La violenza non è un fenomeno episodico: è un sistema. E un sistema non cambia da sé.