Urbanistica a Milano, dopo le sentenze Palazzo Marino costretto a rivedere tutti i permessi edificatori concessi. Ma resta il nodo sanzioni

Urbanistica, Palazzo Marino rivede tutti i progetti - in base alle sentenze - ma avverte che si è adeguato, "ma non è un principio assoluto"

Urbanistica a Milano, dopo le sentenze Palazzo Marino costretto a rivedere tutti i permessi edificatori concessi. Ma resta il nodo sanzioni

Dopo tre anni di indagini, decine di pronunce di Gip, Riesame, Tar, Consiglio di Stato e Corte di Cassazione, tutte sfavorevoli, il Comune di Milano si adegua alla legge in materia di urbanistica, avvertendo che si è “adattato”, ma “non è un principio assoluto”, come scrivono gli avvocati di Palazzo Marino. E si “adatta” con una delibera che stabilisce una ricognizione generale su tutti i permessi edificatori, alla ricerca di quelli passati come “ristrutturazioni”, ma in realtà nuove costruzioni (con relativi maxi-sconti sugli  oneri dovuti dai costruttori), senza però stabilire, in caso di anomalie riscontrate, le sanzioni previste…

La revisione dopo la sentenza del Consiglio di Stato su via Fuchet

Per raccontare questa intricata svolta, bisogna partire dall’ultima sentenza del Consiglio di Stato sullo stabile di via Fuchet, con la quale i giudici hanno stabilito una volta per tutte cosa sia “ristrutturazione” e cosa sia “nuova costruzione”. La differenza, agli occhi del cittadino, è la quantità di oneri che i costruttori devono versare alle casse pubbliche.

Per anni il Comune ha accettato di considerare “ristrutturazioni” laboratori che si “ristrutturavano” in torri, grazie alle famose Scie, accettando nel contempo che i costruttori risparmiassero il 68% degli oneri dovuti alle casse pubbliche. Per tutti i giudici, invece, non trattandosi di ristrutturazioni ma di nuove costruzioni, era obbligatorio il Piano attuativo, lo strumento con cui prima valutare e, nel caso, impostare la presenza di nuovi servizi pubblici in città di fronte a costruzioni che aumentano il “carico urbanistico” (in poche parole scuole, parcheggi, fognature, parchi ecc… che i costruttori avrebbero dovuto pagare).

Tutto da rivedere

Dopo quella sentenza, con la delibera 1409 del 13/11/2025 “Definizione di misure rimediali e dei relativi procedimenti amministrativi, con riferimento a interventi edilizi già realizzati, o in corso di esecuzione sulla base di titoli abilitativi all’edificazione già perfezionati ed oggetto di procedimenti penali per ipotesi di reati edilizi. Indirizzi in merito alla qualificazione degli interventi di ristrutturazione edilizia”, la Giunta ha promesso di rivedere tutti i permessi concessi nel recente passato.

E le sanzioni?

Lo scopo è richiedere tutti quegli oneri mai versati. Tuttavia, la legge (Dpr. 380, art.27) parla chiaro: se un’amministrazione riscontra un abuso, deve comminare anche le sanzioni (previste dall’art. 30 dello stesso Dpr). Ma nelle 11 pagine di delibera non si fa mai cenno a sanzioni. Insomma, si afferma che si cercheranno gli interventi edilizi ormai chiaramente fuori legge, che si obbligheranno i costruttori a rimediare, ma si tace sulle eventuali ammende. Un vulnus che deve essere sanato, anche per una questione di equità nei confronti sia di chi ha costruito seguendo le norme (e pagando il dovuto), sia di chi ha costruito contro la legge ed è stato poi sanzionato…

Per i legali del Comune “non è principio inderogabile”

Ma la storia non è finita qui. Perché a questa delibera ha fatto esplicito riferimento l’avvocatura di Palazzo Marino in una memoria depositata nei procedimenti urbanistici che hanno visto alcuni costruttori impugnare le decisioni dell’amministrazione di “orientare temporaneamente” gli iter amministrativi edilizi alle indicazioni dei magistrati penali.

Per i legali, il Comune di Milano si è adattato alle indagini della “Procura” e ai provvedimenti “del Gip” sull’urbanistica nell’ottica di “bilanciamento degli interessi e di prudente amministrazione”, pur ritenendo che l’obbligo di piano attuativo per la costruzione di edifici impattanti non sia un “principio inderogabile assoluto”, ma debba essere interpretato per “garantire l’inserimento razionale dei volumi edilizi sul territorio” e tenendo conto “del contesto temporale e storico” in cui è nata la norma, cioè il 1942 e poi il 1968.

Insomma, gli avvocati del Comune hanno riferito di essersi adattati a quanto sostenuto dai pm e dai giudici giudicanti di ogni ordine e grado, “ma non in base a un principio assoluto”. Per il Comune, infatti, l’obbligo di pianificazione di dettaglio dovrebbe tener conto dei “mutamenti intervenuti” sia “nell’assetto urbanistico delle città” come della “disciplina normativa” più recente, diventata oggetto di “legislazione concorrente” in capo anche alla Regione Lombardia e non solo allo Stato. In pratica ciò che va dicendo da anni il sindaco Beppe Sala, quando invocava prima, come invoca oggi, il colpo di spugna del Salva-Milano.