Sospendere immediatamente l’espulsione dell’Imam della Moschea Omar Ibn Khattab di via Saluzzo a Torino, l’egiziano Mohamed Shahin, oggi detenuto nel Cpr di Caltanissetta, destinatario di un decreto di espulsione e di accompagnamento alla frontiera firmato dal ministro dell’interno, Matteo Piantedosi.
È quanto chiedono Avs, M5s e Pd nell’interrogazione presentata alla Camera al ministro dell’Interno. A firmare il documento Marco Grimaldi, Filiberto Zaratti, Francesca Ghirra e Franco Mari di Alleanza Verdi e Sinistra, Antonino Iaria del Movimento 5 Stelle, Mauro Berruto, Rachele Scarpa, Laura Boldrini e Ouidad Bakkali del Pd.
“Il ministero – sottolineano i parlamentari – ha revocato il suo permesso di soggiorno e disposto il rimpatrio, ignorando che Shanin ha formalizzato una nuova domanda di asilo, che per legge sospende ogni espulsione. Nonostante ciò, il giudice (di pace, ndr) ha convalidato il provvedimento e l’uomo è stato trasferito al Cpr di Caltanissetta, separato dalla moglie e dai due figli minori. Se rimpatriato, rischia arresto e torture nelle stesse carceri dove fu ucciso Giulio Regeni”.
Ieri Shahin ha presentato la domanda di protezione e oggi è in programma l’udienza davanti a un giudice di pace di Torino che Shahin seguirà in videoconferenza.
Shahin espulso per parole mai pronunciate
Per comprendere la vicenda di Shahin, figura conosciutissima in città e membro attivo della comunità, bisogna tornare al 9 ottobre scorso, quando, secondo quanto riportato da alcuni organi di stampa, durante una manifestazione avrebbe “giustificato la strage del 7 ottobre in Israele”.
In realtà in quell’occasione disse un’altra cosa, cioè che non si può parlare del 7 ottobre, senza considerare gli 80 anni di occupazione precedenti (come da lui stesso spiegato in un’intervista rilasciata all’Ansa l’11 ottobre scorso). Ciononostante, “un mese fa” si legge nell’interrogazione, “l’onorevole Augusta Montaruli (Fdi) aveva sollecitato l’espulsione con un’interrogazione parlamentare” al ministro Piantedosi.
Richiesta immediatamente esaudita dal Viminale. Un’operazione che due giorni fa aveva portato in piazza a Torino centinaia di manifestanti che avevano protestato davanti alla Prefettura. Tra loro esponenti politici di Pd, Avs, M5s, Anpi ecc… tutti lì a dire che l’Imam è tutto, tranne un fondamentalista antisemita.
Cosa dice il documento di espulsione del Viminale
Nel documento di espulsione del Viminale si racconta però un’altra versione. Si legge infatti che Shahin avrebbe “un ruolo di rilievo in ambienti dell’Islam radicale, incompatibile con i principi democratici e con i valori etici che ispirano l’ordinamento italiano”, ed “è messaggero di un’ideologia fondamentalista e anti-semita”, essendosi anche reso “responsabile di comportamenti che costituiscono una minaccia concreta attuale e grave per la sicurezza dello Stato”.
Nel decreto si fa riferimento alle dichiarazioni fatte durante la manifestazione pro Pal del 9 ottobre, con le quali avrebbe “difeso i terroristi di Hamas legittimando lo sterminio di inermi cittadini israeliani il 7 ottobre 2023”. Dichiarazioni che, secondo il documento, avevano generato una vasta risonanza mediatica e suscitato ”indignazione” anche tra i meno radicali del movimento pro Pal.
Ma a suo carico risulta solo una denuncia per blocco stradale
A carico dell’uomo risulterebbe però solo una denuncia per il reato di blocco stradale nel corso di una manifestazione del 17 maggio scorso a Torino. Nel decreto, si sottolinea infine, che “le esigenze di tutela della sicurezza dello Stato e di prevenzione di attività terroristiche devono essere ritenute prevalenti, in un giudizio di bilanciamento degli interessi rispetto alla sua situazione familiare, ai suoi legami in Italia, alla durata del soggiorno e alla sua situazione lavorativa ed economica”.
“Uso politico del diritto”
Per gli autori dell’interrogazione, invece, “siamo di fronte a un uso politico del diritto: la libertà di espressione viene trattata come un reato, il dissenso come una minaccia”. Per questo chiedono “che il ministero riveda con urgenza il provvedimento e garantisca il rispetto delle garanzie previste per chi chiede protezione internazionale. Espellere un dissidente significa tradire i principi dello Stato di diritto”.
Anche perché Shahin è un noto oppositore del regime del presidente egiziano Al Sisi e, qualora fosse espulso, rischierebbe di essere incarcerato e ucciso, uno schiaffo, l’ennesimo, anche alla vicenda di Giulio Regeni da parte dello Stato italiano.