Caso Maggioni, TeleMeloni non chiarisce sul contratto da collaboratrice: il giallo del compenso

I vertici Rai rispondono all'interrogazione M5s sul nuovo contratto di Monica Maggioni, ma non ne rivelano né contenuto né compenso

Caso Maggioni, TeleMeloni non chiarisce sul contratto da collaboratrice: il giallo del compenso

“Il nuovo contratto di esclusiva con Monica Maggioni è in linea con i valori di mercato Rai per collaboratori con analoghe attività editoriali”. Firmato: la Rai. Così il Cda di TeleMeloni ha (non) risposto ieri all’interrogazione presentata nel settembre scorso dal Movimento Cinque stelle al presidente e Ad della Rai, per conoscere i dettagli del nuovo rapporto di collaborazione esterna che dall’estate scorsa lega la giornalista-conduttrice – già presidente dell’azienda pubblica e fino ad agosto anche Direttrice dell’Offerta Informativa – a Viale Mazzini.

L’indiscrezione: a Maggioni contratto da 2,5 milioni in 5 anni

I componenti pentastellati della commissione di Vigilanza Rai, infatti, volevano sapere se rispondessero a verità le notizie riportate da alcuni quotidiani, secondo le quali, con le dimissioni da dipendente e la contestuale sottoscrizione del contratto di collaborazione, Maggioni sia passata da uno stipendio di circa 240mila euro annui, ad uno da 500mila.

Il contratto, sempre secondo le indiscrezioni, avrebbe una valenza quinquennale (scadenza 2030) e prevederebbe un compenso di 2,5 milioni di euro. A colpire è che, a fronte di tale cifra, la giornalista sarebbe chiamata a fare le stesse trasmissioni che ha condotto con la casacca di dipendente, ovvero In Mezz’ora e Newsroom. “Faremo piena luce sul caso di Maggioni, che va in scia ad altri casi analoghi come i precedenti di Bruno Vespa e di altri giornalisti diventati “artisti” (come Massimo Giletti o Monica Setta, ndr) e proseguendo a fare ciò che già facevano in Rai, ma con stipendi molto più gonfiati”, dichiarava a settembre il Movimento.

Le domande al Cda Rai

Nell’interrogazione i 5S chiedevano inoltre di conoscere i criteri con i quali il Cda Rai “ha approvato il contratto di collaborazione”; “quali fossero gli effettivi oneri aggiuntivi per la Rai”; “se esistessero precedenti contratti esterni  della durata di cinque anni con conduttori” e, se sì, “quali fossero le condizioni e i compensi”. Infine chiedeva se il Cda non “ritenesse necessario introdurre regole più chiare e uniformi per evitare in futuro casi di ‘pensionamento di fatto’ (Maggioni ha 61 anni e andrà in pensione poco dopo la scadenza del contratto di collaborazione, ndr), che trasformano ex dipendenti in collaboratori esterni privilegiati”.

Le non risposte del Cda Rai

Domande articolate, che però non hanno trovato alcun riscontro nella risposta di viale Mazzini. I vertici Rai si sono infatti limitati a sottolineare il valore (indubbio) di Maggioni (definita “giornalista di grande spessore”), che “la risoluzione del rapporto di lavoro è avvenuta in modo consensuale” e che “la giornalista ha scelto di rinunciare a qualsiasi rivendicazione relativa alla mancata fruizione dei numerose giornate di ferie e riposi arretrati”.

Ma, soprattutto, aggiungono il contratto di collaborazione esterna è stato “determinato anche in funzione del profilo professionale della giornalista e della volontà dell’azienda di garantirsi la sua collaborazione per un periodo prolungato, considerando sia la sua vita residua aziendale, sia i potenziali rischi di passaggio ad aziende concorrenti”. Tradotto, accettiamo le sue dimissioni da dipendente Rai, ma la contrattualizziamo (a stipendio maggiorato?) per impedire che vada a lavorare altrove…

Altro viale Mazzini non dice: nulla sul compenso accordato e la sua determinazione, zero su eventuali precedenti in essere, nada su eventuali analisi comparative effettuate sui costi per l’azienda (cioè per i conti pubblici).

Carotenuto: “Ancora una volta TeleMeloni non chiarisce”

Comprensibile quindi il disappunto del Deputato e Capogruppo M5S in commissione Vigilanza Rai, Dario Carotenuto: “La Rai meloniana per l’ennesima volta si cimenta in una non-risposta: non chiarisce nulla e sorvola sui punti essenziali”, dichiara.

“L’unica cosa che si capisce è che Monica Maggioni se ne va ma non se ne va”, continua Carotenuto, “visto che la Rai continua a pagarla, ma di più. Quanto non è dato saperlo, perché non viene espressa alcuna cifra, non c’è nessuna trasparenza. Perché questo trattamento di favore sperperando soldi dei cittadini? E a quanti altri è stato concesso un simile privilegio? Visto che queste interrogazioni non servono a nulla, forse dovremmo rivolgerci ad altre autorità”, conclude il pentastellato.

E Furore (M5s) chiede una procedura Ue contro chi non applica il Media Freedom Act

E sempre ieri, intervenendo a una audizione al Parlamento europeo sull’applicazione del Media Freedom Act, l’europarlamentare M5s, Mario Furore, ha chiesto una procedura di infrazione contro gli Stati membri – a partire dall’Italia – che non stanno attuando la direttiva del Media Freedom Act. “In tutta Europa continuano aggressioni verbali e fisiche, minacce ed episodi di sorveglianza illegale contro i giornalisti”, ha denunciato Furore, “In Italia abbiamo avuto casi gravissimi di uso di spyware contro giornalisti e l’auto di Sigfrido Ranucci è stata incendiata davanti a casa sua”.

Per questo, ha continuato, “chiediamo alla Commissione di esprimere solidarietà e sostegno concreto per i giornalisti che subiscono queste intimidazioni e di adottare azioni concrete – come, per esempio, una procedura di infrazione – nei confronti degli Stati membri che non stanno attuando il regolamento, inclusa l’Italia”.