Censis: cala la produzione industriale ma non quella di armi che cresce del 31% nei primi nove mesi dell’anno

Censis: cala la produzione industriale ma non quella di armi che cresce del 31% nei primi nove mesi dell'anno

Censis: cala la produzione industriale ma non quella di armi che cresce del 31% nei primi nove mesi dell’anno

Dal welfare al warfare. La trasformazione dell’economia europea, e italiana in particolare, in un’economia di guerra sembra un processo inarrestabile e inesorabile. Mentre l’Italia del governo Meloni si riscopre sempre più povera e sfiduciata, con le famiglie che temono di non poter contare su servizi sanitari e assistenziali adeguati, si registra un’impennata della spesa in armi. L’ultima conferma arriva dal Censis.

Censis: a fronte di un welfare più debole impenna la spesa in armi

L’indice della produzione industriale è stato negativo per trentadue mesi consecutivi con l’eccezione di tre timidi rimbalzi. In particolare, la produzione manifatturiera è arretrata nel 2023 (-1,6%), nel 2024 (-4,3%) e anche nei primi nove mesi di quest’anno (-1,2%). Tra i comparti in maggiore sofferenza, e a rischio deindustrializzazione soprattutto il tessile e la meccanica. Nel 2024 solo l’alimentare ha registrato un incremento della produzione: +1,9%. Il tessile e abbigliamento è calato dell’11,8%, i mezzi di trasporto del 10,6%, la meccanica del 6,4%, la metallurgia del 4,7%, la farmaceutica dell’1,7%.

Solo quattro comparti (elettronica, alimentare, farmaceutica, legno e carta) mostrano segnali di recupero nel 2025. Contestualmente, nei primi nove mesi dell’anno, mentre la produzione industriale segnava ancora un calo dell’1,2%, la fabbricazione di armi e munizioni ha registrato un incremento del 31% rispetto al 2024.

Cresce la sfiducia delle famiglie nei servizi sanitari e assistenziali

A fronte di questi dati emerge che il 78,5% degli italiani teme che, se si trovasse in condizione di non autosufficienza, non potrebbe contare su servizi sanitari e assistenziali adeguati. E se cresce la spesa militare, le economie occidentali sono sempre più intrappolate nella morsa del debito. Nel 2030 il rapporto debito pubblico/Pil nei Paesi del G7 supererà il 137%. Questo rende le economie dei paesi più sviluppati sempre più fragili e il welfare sempre meno efficiente. Il Censis prevede “uno shock per le finanze pubbliche analogo a quello vissuto durante l’emergenza sanitaria, ma questa volta il debito record sarà maturato in condizioni ordinarie, in assenza di una pandemia”.

La morsa del debito

Tra il 2001 e il 2024 nei Paesi del G7, a fronte di una stentata crescita dell’economia, il debito pubblico è lievitato dal 75,1% al 124,0% del Pil. In Italia dal 108,5% al 134,9%, in Francia dal 59,3% al 113,1%, nel Regno Unito dal 35,0% al 101,2%, negli Stati Uniti dal 53,5% al 122,3%. “L’ingente debito e la bassa crescita, legata all’invecchiamento demografico e alla riduzione della popolazione attiva, congiurano per un inevitabile ridimensionamento del welfare” afferma il Censis. A settembre il debito pubblico italiano ha toccato la cifra record di 3.081 miliardi di euro (+38,2% rispetto a settembre 2001).

E quella della spesa per interessi

Nell’ultimo anno la spesa per interessi è stata pari a 85,6 miliardi, corrispondenti al 3,9% del Pil: il valore più alto tra tutti i Paesi europei (ad eccezione dell’Ungheria: 4,9%), anche più della Grecia (3,5%) e molto al di sopra della media europea (1,9%). Gli interessi pagati superano non solo la spesa per i servizi ospedalieri (54,1 miliardi), ma l’intero valore degli investimenti pubblici (78,3 miliardi) e ammontano a più di dieci volte quanto l’Italia spende in un anno per la protezione dell’ambiente (7,8 miliardi).

La demografia cambia volto all’occupazione con una progressiva “senilizzazione del mercato del lavoro”. L’incremento di 833.000 occupati registrato nel biennio 2023-2024 è dovuto prevalentemente alle persone con 50 anni e oltre, questi sono stati 704.000 (ovvero l’84,5% di tutta la nuova occupazione). Tra i giovani sono in netto aumento gli inattivi: +176.000 nei primi dieci mesi dell’anno (+3,0%). Nel biennio 2023-2024 l’input di lavoro supera largamente la crescita dell’economia: +3,7% gli occupati, +5,3% le ore lavorate, solo +1,7% il Pil. Conseguentemente, calano gli indicatori di produttività: -2,0% il valore aggiunto per occupato e -3,5% il valore aggiunto per ora lavorata.