Non ha fatto in tempo il governo a chiudere il fronte con la Bce sulle riserve auree della Banca d’Italia che subito l’Eurotower ha demolito le misure sugli istituti di credito che le destre hanno inserito nella Manovra. In un parere pubblico, firmato dalla presidente Christine Lagarde, si mette nero su bianco che le norme sulle banche della legge di Bilancio rischiano di ingolfare l’erogazione del credito all’economia. A soffrirne saranno investitori, imprese, famiglie. E, complessivamente, verrebbe compromessa la crescita dell’economia reale.
Allarme Bce: le misure della Manovra compromettono credito e crescita dell’economia
“Sebbene gli enti creditizi presentino ancora una buona solidità finanziaria e una prima valutazione dell’impatto del disegno di legge suggerisca che la situazione non cambierebbe dopo la sua adozione, il previsto aumento della pressione fiscale potrebbe pregiudicare l’erogazione del credito all’economia”, spiega Francoforte. Nel suo parere di sette pagine la Bce analizza uno a uno i diversi provvedimenti a carico del settore creditizio, sottolineando che il disegno di legge non è accompagnato da alcuna relazione illustrativa che ne illustri la ratio alla base.
Nel dettaglio, per l’istituto centrale l’affrancamento delle riserve straordinarie di capitale “inciderà in particolare sugli enti meno significativi, che tendono ad essere più concentrati sull’erogazione del credito, mentre gli enti significativi tendono ad avere una quota maggiore di reddito basata sulle commissioni”.
A soffrire le banche più piccole
Per effetto dell’applicazione generale dell’affrancamento, gli enti creditizi con minore solvibilità o più concentrati sull’erogazione del credito (come, ad esempio, le banche di piccole dimensioni) o che hanno proiezioni patrimoniali impegnative potrebbero vedere ridotta la loro capacità di assorbire potenziali rischi al ribasso di una recessione economica. Per quanto riguarda l’aumento dell’Irap e le ridotte deduzioni o esclusioni di alcune poste dal reddito imponibile, queste misure faranno calare “gli utili netti del sistema bancario italiano nel breve periodo”.
La misura sull’Ires “potrebbe incentivare gli enti creditizi a rinviare oppure ad abbassare l’ammontare di svalutazioni riconosciute sui prestiti nel primo e nel secondo stadio degli anni influenzati dalla modifica della tassazione, in quanto essi diventano più costosi rispetto alla situazione attuale”. Inoltre potrebbe avere effetti negativi sulla liquidità degli enti creditizi, in quanto potrebbe stimolare gli enti creditizi a ridurre gli interessi pagati sui depositi per abbassare le imposte e così ridurre le riserve di liquidità.
La raccomandazione
La Bce raccomanda all’Italia “al fine di valutare se l’applicazione del disegno di legge” ponga dei rischi alla stabilità finanziaria e, in particolare, se sia potenzialmente idoneo a pregiudicare la resilienza del settore bancario e causare distorsioni nel mercato, che sia affiancato da un’analisi approfondita delle eventuali conseguenze negative per il settore bancario. “Questa analisi dovrebbe illustrare dettagliatamente, in particolare, l’impatto specifico dell’affrancamento sulla reddittività di più lungo periodo e sulla base patrimoniale degli enti creditizi, sull’accesso alla provvista e sulla concessione di nuovi prestiti”.
Le ricadute sui prestiti
Francoforte insiste a sottolineare che il previsto aumento della pressione fiscale potrebbe pregiudicare l’erogazione del credito all’economia con brusche correzioni, “specialmente considerati i livelli già moderati dei prestiti bancari in Italia” e su questo “occorre prestare cautela”. I costi derivanti dall’aumento delle imposte – aggiunge la Bce – comporterebbero pertanto un inasprimento delle condizioni alle quali gli enti creditizi finanziano l’economia, sia direttamente, in quanto tali enti trasferirebbero parte di tali costi sui debitori, sia indirettamente, attraverso i potenziali effetti negativi sulle loro posizioni patrimoniali a causa della depressione della reddittività.
È necessario – conclude Francoforte – preservare la capacità dei singoli enti creditizi di mantenere posizioni patrimoniali adeguate, di continuare a costituire con prudenza accantonamenti per future riduzioni di valore che potenzialmente aumenteranno, nonché di stabilire condizioni sui prestiti e su altri servizi bancari nei confronti dei loro clienti in adeguamento alla politica monetaria della Bce. Limitare tale capacità pregiudicherebbe l’agevole trasmissione delle misure di politica monetaria, basata sul sistema bancario, all’economia in generale e avrebbe effetti negativi sulla crescita economica reale.