Diritti umani, allarme di Amnesty International: cosa dice davvero il rapporto della Ong sul governo Meloni

Dalle promesse di libertà pronunciate in Parlamento ai dati che raccontano repressione, povertà e diritti erosi: il bilancio dopo tre anni

Diritti umani, allarme di Amnesty International: cosa dice davvero il rapporto della Ong sul governo Meloni

«Un governo di centrodestra non limiterà mai le libertà esistenti». Giorgia Meloni lo dice il 25 ottobre 2022, nell’aula della Camera dei deputati, durante il discorso programmatico per la fiducia al suo governo, il primo atto politico formale della XIX legislatura. La libertà come bussola,  promette, la tutela dei diritti come promessa fondativa. Tre anni dopo, l’analisi di Amnesty International consegna una fotografia opposta: uno spazio civico ristretto, diritti erosi, categorie sociali colpite in modo sistematico. Il titolo scelto dall’organizzazione parla da solo: Il governo Meloni al giro di boa. Il contenuto è una smentita puntuale della retorica inaugurale dell’esecutivo.

Le promesse solenni in Aula

Nello stesso intervento di fiducia, Meloni rivendica la propria adesione ai valori europei: «Libertà e democrazia sono gli elementi distintivi della civiltà europea contemporanea nei quali da sempre mi riconosco». Amnesty certifica invece una produzione normativa centrata sulla sicurezza punitiva, con un ricorso sistematico alla decretazione d’urgenza e una sequenza di provvedimenti che hanno colpito il diritto di manifestare, la libertà di associazione e la solidarietà sociale. Dal decreto cosiddetto anti-rave, approvato nel primo Consiglio dei ministri dell’ottobre 2022, fino al pacchetto sicurezza convertito in legge negli anni successivi, le nuove fattispecie di reato e l’inasprimento delle pene hanno avuto un bersaglio preciso: il dissenso.

Sempre in quel discorso di insediamento, Meloni definisce la libertà come «libertà di essere, di fare, di produrre». Ma secondo Amnesty, nel triennio della XIX legislatura lo Stato ha rafforzato strumenti amministrativi e di polizia per limitare le proteste pacifiche, facendo ricorso a fogli di via, identificazioni di massa e uso sproporzionato della forza durante le manifestazioni, in particolare quelle di solidarietà con la popolazione palestinese di Gaza. La libertà evocata resta astratta, mentre la compressione dello spazio civico diventa prassi documentata.

I diritti sociali erosi nei numeri

Sul terreno dei diritti sociali, la distanza tra parole e realtà si allarga ulteriormente. Il governo ha rivendicato attenzione ai più fragili, ma i dati ufficiali richiamati da Amnesty mostrano una povertà assoluta stabile su livelli altissimi: oltre 5,7 milioni di persone coinvolte, con un impatto crescente sulle famiglie con cittadinanza straniera. Nel frattempo, 5,8 milioni di persone hanno rinunciato a cure mediche nel solo 2024 per motivi economici o per l’impossibilità di accesso. Anche qui, la promessa di libertà si infrange contro liste d’attesa e barriere finanziarie.

Meloni aveva assicurato, sempre nel passaggio parlamentare del 25 ottobre 2022, che il suo governo non avrebbe toccato i diritti civili esistenti. Amnesty documenta invece un arretramento netto sui diritti sessuali e riproduttivi. L’accesso all’aborto resta ostacolato da percentuali di obiezione di coscienza tra le più alte d’Europa, con punte superiori all’80 per cento in alcune regioni, mentre consultori e servizi territoriali vengono progressivamente indeboliti. Parallelamente, il Parlamento ha consentito l’ingresso strutturato di associazioni antiabortiste nei presidi sanitari pubblici, legittimando una pressione ideologica che incide sull’autonomia delle donne.

La libertà negata nei diritti civili e internazionali

Sul fronte dei diritti civili, la promessa di «non limitare le libertà» si rovescia nella discriminazione delle famiglie omogenitoriali. La legge che rende la gestazione per altri un reato perseguibile universalmente, l’interruzione delle trascrizioni automatiche degli atti di nascita, l’assenza di una normativa contro i crimini d’odio: per Amnesty si tratta di un attacco diretto ai diritti dei minori e alla parità davanti alla legge. A certificare la frattura è intervenuta la Corte costituzionale, costretta più volte a colmare vuoti lasciati dalla politica.

Anche sul piano internazionale, la retorica dei valori entra in collisione con i fatti. Il governo ha rivendicato il rispetto del diritto internazionale in più sedi istituzionali, ma Amnesty segnala una progressiva delegittimazione dei meccanismi di giustizia globale, culminata nel sostegno politico al governo israeliano anche dopo il mandato di arresto della Corte penale internazionale e nell’accompagnamento in Libia di un miliziano ricercato. Scelte che, secondo l’organizzazione, violano obblighi internazionali formalmente assunti dall’Italia.

Alla fine del bilancio, resta una costante: le parole. Pronunciate solennemente in Parlamento, ripetute nei passaggi ufficiali, celebrate come cifra identitaria del governo. Poi smentite da leggi, decreti, omissioni e silenzi. L’analisi di Amnesty International non esprime un giudizio politico, ma una verifica documentata di atti e conseguenze. E certifica che sotto il governo Meloni i diritti umani in Italia non sono stati rafforzati, ma compressi. Così la distanza tra le promesse e la realtà è diventata la costante del governo. Lo dicono i fatti, mica le parole.