Ormai da tempo Save the Children – e le altre ong – sono in rotta di collisione con Israele. Proprio per questo non suscita clamore il fatto che l’organizzazione umanitaria ha lanciato un appello al governo israeliano di Benjamin Netanyahu per chiedere una revisione urgente delle nuove norme di registrazione imposte alle organizzazioni non governative internazionali, considerate “un serio ostacolo alla fornitura di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza”. Secondo l’organizzazione, questa ennesima stretta rischia di compromettere interventi salvavita proprio mentre la popolazione civile, e in particolare i bambini, affronta una crisi senza precedenti.
Cosa ancora peggiore, sempre secondo Save the Children, è che queste norme violerebbero gli accordi di pace che, al contrario, prevedevano l’ingresso degli aiuti umanitari come accadeva prima della guerra.
Tra le ong colpite figura la stessa Save the Children, a cui le autorità israeliane hanno negato il rinnovo della registrazione necessaria per continuare a operare nei Territori palestinesi a partire dal 1° gennaio 2026. Come appare chiaro, senza questo riconoscimento, alle organizzazioni internazionali non sarà consentito far entrare personale tecnico dall’estero né beni di prima necessità attraverso i confini controllati da Israele verso Gaza e la Cisgiordania. Una limitazione che, secondo l’ong, incide direttamente su settori chiave come sanità, acqua, igiene e assistenza nutrizionale.
Save the Children accusa Israele: “Nuove norme sulle ong mettono a rischio i bambini di Gaza”
La stretta sulle ong voluta da Netanyahu arriva in un contesto a dir poco drammatico. Da oltre due anni, 1,1 milioni di bambini a Gaza vivono una catastrofe umanitaria, con oltre 20mila minori uccisi e migliaia che risultano tutt’ora dispersi sotto le macerie. Del resto i bombardamenti hanno distrutto gran parte del territorio, costringendo quasi due milioni di persone allo sfollamento in rifugi di fortuna. Una situazione già catastrofica che, però, rischia di peggiorare ulteriormente. Questo perché l’inverno non fa sconti, con piogge torrenziali e allagamenti che si stanno susseguendo uno dopo l’altro, che aggravano ulteriormente la situazione, aumentando il rischio di malattie e ipotermia, già risultati fatale per diversi neonati nelle ultime settimane.
Save the Children, nel suo comunicato, sottolinea che, nonostante le restrizioni, continuerà a operare grazie ai suoi 300 operatori palestinesi e ai partner locali. Dal 2023 ha sostenuto 1,6 milioni di persone a Gaza, tra cui oltre 800mila bambini, fornendo assistenza sanitaria, educativa e aiuti in contanti. Solo negli ultimi mesi sono stati distribuiti migliaia di kit salvavita e materiali medici, anche attraverso acquisti locali.
Secondo Ahmad Alhendawi, direttore regionale dell’organizzazione, le nuove norme avranno un impatto grave sull’accesso ai servizi essenziali e metteranno in pericolo innumerevoli vite. Save the Children definisce “inaccettabile” qualsiasi sistema che, come denunciato anche dall’Onu, imponga criteri vaghi e politicizzati alle operazioni umanitarie. L’ong ha avviato ricorsi legali contro il diniego della registrazione e chiede alla comunità internazionale di intervenire affinché Israele riconsideri una decisione che rischia di colpire in modo devastante la popolazione più vulnerabile di Gaza.