Malgrado passino i mesi e continuino i combattimenti che causano morte e distruzione, nella Striscia di Gaza la parola “pace” resta un tabù. Una situazione che sembra destinata a durare a lungo, nonostante l’ottimismo ingiustificato di Donald Trump, che continua a ripetere che “a breve ci saranno novità” in merito a un possibile accordo tra Hamas e Israele, come si evince dalle dichiarazioni dell’amministrazione di Benjamin Netanyahu.
Che le trattative siano in stallo appare evidente da quanto riportano i media di Tel Aviv, secondo cui la riunione del governo per discutere della guerra a Gaza e tentare di raggiungere un accordo sulla liberazione degli ostaggi si è conclusa con un sostanziale nulla di fatto.
Del resto, è evidente a tutti che l’amministrazione Netanyahu, forte dei suoi risultati in tutto il Medio Oriente, non sembra disposta a cedere a nessuna delle richieste del movimento terroristico palestinese. A raccontarlo al quotidiano Haaretz è un alto funzionario di Hamas, Mahmoud Mardawi, secondo cui il primo ministro israeliano “sta proponendo condizioni impossibili, con l’obiettivo di vanificare la possibilità di raggiungere un accordo di cessate il fuoco a Gaza, e si rifiuta di impegnarsi su alcuni elementi dell’accordo che aveva già approvato in passato”.
A Gaza la parola pace resta un tabù. Secondo Hamas: “Netanyahu dice di voler trattare ma poi pone condizioni irricevibili per prolungare la guerra”
Difficile dargli torto, visto che da quasi due anni Netanyahu e i suoi ministri sostengono che la guerra finirà solo con la definitiva eliminazione di Hamas. A dimostrarlo sono le parole pronunciate nel corso di una conferenza stampa dal ministro degli Esteri israeliano, Gideon Sa’ar, secondo cui Israele “è seriamente intenzionato a raggiungere un accordo sugli ostaggi e un cessate il fuoco a Gaza” e invita l’Unione Europea a sostenere la proposta di tregua avanzata dall’inviato speciale statunitense Steve Witkoff, al fine di “frantumare le illusioni” del gruppo islamista palestinese.
Peccato che lo stesso Sa’ar, di fatto gelando le prospettive di pace, abbia aggiunto che tuttora permangono “notevoli divari tra le condizioni delle due parti” e che “Hamas continua ad appropriarsi degli aiuti umanitari”, circostanza che “fa sì che la guerra continui all’infinito”. Poi, interpellato dai giornalisti presenti, ha concluso spiegando che la soluzione dei due Stati è del tutto irrealistica, poiché “uno Stato palestinese minaccerebbe la sicurezza dello Stato di Israele”.
Davanti a dichiarazioni che allontanano sine die la tregua, il ministro degli Esteri egiziano, Badr Abdelatty, ha dichiarato che è tempo di chiudere il conflitto, precisando che “qualsiasi accordo su una fine delle ostilità a Gaza deve includere garanzie che preservino il cessate il fuoco”.
Dello stesso avviso anche il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, che in un’intervista alla tv pubblica spagnola TVE, ha invitato Netanyahu e Hamas a condurre “negoziati seri” che “generino fiducia tra tutte le parti”, evitando di porre condizioni che rendano impossibile il dialogo.
Pioggia di bombe sulla Striscia
In tutto questo, nella Striscia di Gaza prosegue il massacro quotidiano. Nelle ultime 24 ore, a causa dei raid dell’IDF, nell’enclave palestinese sono state registrate almeno 48 vittime, due delle quali sarebbero state colpite dal fuoco israeliano vicino a un centro di distribuzione di aiuti nel sud di Rafah.
Altre otto vittime, secondo quanto riporta l’agenzia stampa palestinese Wafa, sarebbero morte nel corso di un bombardamento dell’IDF che ha colpito due scuole che ospitavano sfollati palestinesi a Jabaliya e Gaza City, oltre a un punto di distribuzione degli aiuti nel centro della Striscia di Gaza.
Un bagno di sangue che, secondo l’Onu, deve “cessare immediatamente”, ma che, a causa dello stallo nei negoziati, sembra destinato a durare ancora a lungo.