Il diritto all’aborto esiste solo su carta. Troppi medici obiettori e i consultori non funzionano. E il Governo ora ha complicato pure le cose

L'aborto? Per le donne è una legge solo su carta, ancor prima del richiamo dell'Ue. Tra consultori gestiti male e obiettori, il sistema non funziona.

La legge darebbe tutto il diritto alle donne all’aborto. Anzi, il referendum del ’78, a parole, rappresenta uno dei più alti traguardi civili raggiunti dal nostro Paese (insieme al divorzio), specie nel rispetto delle donne. Eppure è notizia di oggi che è arrivato un richiamo ufficiale da parte del Consiglio d’Europa. L’Italia viene rimproverata perché, nonostante la legge 194/78, l’accesso ai servizi di interruzione volontaria di gravidanza rimane estremamente complicato. Il Consiglio d’Europa ha dichiarato “ammissibile” un ricorso della Cgil alla Corte sulla violazione dei diritti alla salute delle donne che intendono accedere all’interruzione di gravidanza (secondo le modalità previste dalla legge) e dei medici non obiettori di coscienza.

IL QUADRO E I DATI – Ma allora ragioniamo sul perché si sia arrivati a questa situazione. Per capirlo basta riprendere gli ultimi dati pubblicati dal ministero della Salute nella relazione riguardante, appunto, “l’attuazione della Legge 194/78 sulla tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria di gravidanza”. I dati sono relativi al 2013 e al 2014. E sono impressionanti. Leggere per credere:

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Com’è evidente dai dati riportati in tabella, in Italia il 70% dei medici italiani rifiuta di praticare l’interruzione di gravidanza. Una cifra in costante aumento se si considera che nel 2005 gli obiettori erano il 59% e nel 2006 il 69.

La scelta dell’obiezione di coscienza si scontra con il diritto della donna di accedere a un servizio sancito per legge, che si traduce in un percorso ad ostacoli e contro il tempo. Le aziende sanitarie sono tenute a fornire dei medici non obiettori, che spesso però non sono in numero sufficiente per coprire le richieste di intervento: questo porta a rallentamenti nel compimento dell’operazione, con conseguenze devastanti sulla donna e un surplus di lavoro per quei medici che praticano l’interruzione di gravidanza. In alcune regioni, come il Molise (93,3%) e la Basilicata (90,2%) la percentuale di obiettori supera il 90%.

CONSULTORI IN CRISI – Non va meglio se prendiamo in esame l’ambito dei consultori. Anche qui, sono i dati ministeriali a parlar chiaro:

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Ciò che emerge, innanzitutto, è che non tutti i consultori comunicano i dati, con la conseguenza che è difficile fare il punto a riguardo. Oltre alle informazioni sul numero di ginecologi in servizio, obiettori e non, è stato infatti richiesto anche il numero di donne che hanno effettuato il colloquio previsto dalla Legge 194/78,il numero di certificati rilasciati, il numero di donne che hanno effettuato controlli post IVG (Interruzione Volontaria di Gravidanza). “La raccolta dati – si legge direttamente dalla relazione – si è rivelata problematica, considerando anche la grande difformità territoriale dell’organizzazione dei consultori stessi, che mutano spesso di numero a causa di accorpamenti e distinzioni fra sedi principali e di staccate, la cui differenziazione spesso non è chiara e risponde a criteri diversi fra le diverse regioni”. Insomma, il caos. Ma ciò che sorprende è che anche nei consultori ritroviamo obiettori di coscienza, che spesso raggiungono anche il 90% del totale di organico, come in Valle d’Aosta.

DEPENALIZZAZIONE PERICOLOSA – Ma non è tutto. Come La Notizia ha già documentato in passato, il Governo ha complicato ulteriormente le cose. Con il decreto legislativo sulle depenalizzazioni partorito dal Consiglio dei Ministri il 15 gennaio scorso, infatti, l’esecutivo ha previsto anche la cancellazione del reato penale per chi abortisce oltre i 90 giorni di gravidanza (contemplato nella famosa legge 194). Ma contestualmente è stato previsto anche l’inasprimento della multa per il reato di aborto clandestino che all’articolo 19 della legge 194 era fissata a 51 euro (cifra simbolica e nulla più) e che ora il Governo ha portato a una cifra “record” che può oscillare fra i 5mila e i 10 mila euro. Un cambio di registro che potrebbe avere danni a dir poco incalcolabili, se si pensa – come denunciato anche dalle associazioni in difesa delle donne – “che abortire legalmente e in sicurezza nel nostro paese sta diventando impossibile, visto che il 70 per cento dei medici sono obiettori di coscienza”. Con la conseguenza che, se si vuole abortire, in molti casi si è costretti a farlo “clandestinamente”. E, dunque, a pagare multe, da gennaio, a dir poco surreali.

Tw: @CarmineGazzanni