Accetta sui crediti delle imprese. Così il pubblico uccide i privati: i sindaci salvano i bilanci, ma dietro falliscono le aziende

Accetta sui crediti delle imprese. Così il pubblico uccide i privati: i sindaci salvano i bilanci, ma dietro falliscono le aziende

Troppo facile correre alle elezioni promettendo di risanare i malconci bilanci pubblici e poi, una volta arrivati ad amministrare, risolvere il problema a colpi di concordati, cioè costringendo i creditori ad accettare drastiche riduzioni di quanto dovuto. Dopo i casi di Livorno, Roma e Civitavecchia, è adesso chiara la ricetta dei Cinque Stelle per sanare i conti di enti locali e aziende partecipate. Una soluzione che ricorda l’uovo di Colombo, ma che contiene al suo interno elementi di profonda iniquità verso i fornitori della pubblica amministrazione. In questo mondo, già penalizzato dai tempi biblici con cui lo Stato paga le imprese, è verissimo che ci sono ancora sprechi e prezzi gonfiati. Ma la stragrande maggioranza dei fornitori concorre a offrire i suoi servizi sulla base di gare serratissime, anche attraverso la centrale acquisti Consip. Fatte salve le dovute eccezioni, insomma, i tempi dello Stato che buttava i soldi dalla finestra sono finiti. Per questo tagliare i compensi dopo che i beni e servizi sono stati forniti ai prezzi stabiliti, magari tagliati all’osso, è un tradimento del patto tra le parti.

Soluzione fotocopia – Ora è ovvio che possano esserci casi eccezionali, dove un’azienda in crisi per motivi imprevedibili o per cattiva gestione, sia costretta a chieder un sacrificio ai suoi fornitori. Ma questo ha senso se si tratta di casi, appunto, eccezionali. Ricorrere sistematicamente ai concordati è un’altra cosa e per i paletti stretti fissati dalla legge elettorale negli Enti locali questa soluzione dovrebbe essere ben specificata nel programma comunicato agli elettori. Diversamente, per esempio, potrebbero legittimamente sentirsi ingannati quei fornitori che hanno continuato a consegnare i loro prodotti ad aziende come l’Atac di Roma, il colosso del trasporto pubblico locale che ha accumulato debiti per 1,35 miliardi. Un disastro industriale che ha poco da invidiare a un caso come quello dell’Alitalia. Questi fornitori privati, informati dell’aria che tira, magari non avrebbero continuato a svenarsi, arrivando adesso in molti casi sul punto di fallire per non far fallire il gigante pubblico. Certo, di fronte ai giganteschi problemi della nostra economia questo può sembrare un tema secondario, ma in realtà non lo è affatto perché siamo di fronte a una palese violazione del mercato, sulla quale non farebbe male ad accendersi un faro dell’Antitrust. Siamo di fronte dunque a una faccenda scivolosa, che imporrebbe il massimo della chiarezza e di sincerità dai Cinque Stelle. Ma il fatto che l’assessore di Livorno che per primo ha realizzato un salvataggio di grandi dimensioni ricorrendo al concordato sia stato promosso e spedito a Roma la dice lunga. Il suo compito non sarà facle, come non lo è l’amministrazione di ogni città, ma se i cittadini sapessero a cosa vanno incontro prima che le cose siano fatte sarebbe meglio. Anche per la politica.