Adesso l’Europa si fa pure pubblicità. Ecco come Juncker butta soldi pubblici per fare spot al suo finto piano di investimenti da 300 miliardi di euro

di Stefano Sansonetti

Già il tanto sbandierato piano, secondo un numero crescente di osservatori, rischia di rivelarsi una mezza fuffa. Ma adesso la Commissione europea, guidata da Jean-Claude Juncker, si mette pure a buttare soldi pubblici per reclamizzarlo sui quotidiani. E questo nonostante il vicepresidente dell’esecutivo Ue, Jyrki Katainen, sia impegnato in un road show già abbondantemente finanziato per promuovere l’ormai “famoso” piano Juncker da 300 miliardi per gli investimenti.

L’INIZIATIVA
Di sicuro la scorsa settimana non sono passate inosservate due mezze pagine di pubblicità che la rappresentanza in Italia della Commissione europea ha comprato sul Corriere della sera e sul Sole 24 Ore. Peraltro una pubblicità che esteticamente lascia piuttosto a desiderare, con un’autentica “colata di piombo” che prova a spiegare un piano con diverse ombre. A partire dai famosi 315 miliardi di euro che il progetto dovrebbe mobilitare per la crescita. Cifra a dir poco utopistica. Ed è la stessa informazione pubblicitaria a confermarlo, in qualche modo, quando parla del nuovo Fondo europeo per gli investimenti strategici (Feis), istituito in collaborazione con la Bei (Banca europea per gli investimenti). Il Feis, precisa l’inserzione, “si avvarrà di una garanzia di 16 miliardi di euro provenienti dal bilancio Ue in combinazione con 5 miliardi di euro impegnati dalla Bei”. Insomma, 21 miliardi di euro, di fondi peraltro già stanziati.

LA PROCEDURA
In più funzioneranno come una sorta di cuscinetto per far fronte alle prime perdite del reale meccanismo di funzionamento. Quello che dovrebbe mobilitare almeno 100 miliardi di risorse all’anno, di cui all’80% private, nel triennio 2015-2017. Il tutto per interventi, ricorda l’inserzione della Commissione, “nella banda larga e nelle reti energetiche, nei trasporti negli agglomerati industriali, nonché dell’istruzione, nella ricerca e sviluppo, nelle energie rinnovabili e nell’efficienza energetica”. E chi garantisce l’afflusso di questi ingenti investimenti privati senza i quali il piano Juncker rischia di rimanere solo sull’informazione pubblicitaria? Al momento, ovviamente, nessuno. Chissà, magari Juncker ci crede. Al punto da far scrivere nella pubblicità che “secondo stime prudenti effettuate sulla base dall’esperienza storica, l’effetto moltiplicatore del fondo sarà di 1:15”. Che tradotto significa che secondo l’ex premier lussemburghese per ogni euro pubblico mobilitato dovrebbero generarsi 15 euro di investimenti privati. C’è chi fa notare che in realtà potrebbe trattarsi di una stima ottimistica, se si considera che la Bei opera con una leva che al massimo arriva al livello 1 a 4. E poi si fa notare che il motivo per cui tutte le istituzioni internazionali chiedono un rilancio massiccio di investimenti pubblici è perché in un contesto di recessione e deflazione come quello attuale è come minimo complicato che ci siano investitori privati disposti a gettarsi nella mischia. Naturalmente all’interno dell’informazione pubblicitaria pagata dall’esecutivo Ue non c’è la benché minima traccia di riferimenti a problemi di questo tipo. E non potrebbe essere altrimenti, visto che si tratta di uno spot. Si puntualizza soltanto che “entro la fine di gennaio la Commissione proporrà il regolamento istitutivo del Fondo, che dovrà poi essere discusso e approvato dal parlamento e dagli Stati membri (Consiglio Ue)”. In attesa di soldi privati che al momento sono un miraggio. E senza i quali il piano Juncker non esiste.

Twitter: @SSansonetti