Affari armati con Ankara: 890 milioni in 4 anni. Bombe, aerei e siluri tra le forniture esportate dal nostro Paese

Dopo l’Arabia che ha devastato per anni lo Yemen anche con le bombe prodotte in Italia, un nuovo caso potrebbe scoppiare ora dopo l’invasione della Turchia in Siria. Pochi sanno, infatti, che Ankara è uno dei principali clienti dell’industria bellica italiana. Negli ultimi quattro anni, infatti, il nostro Paese ha autorizzato forniture militari per 890 milioni di euro e consegnato materiale di armamento per 463 milioni di euro, come spiega la Rete Italiana per il Disarmo. In particolare nel 2018 sono state concesse 70 licenze di esportazione definitiva per un controvalore di oltre 360 milioni di euro. L’anno precedente, invece, sono state autorizzate esportazioni per 266 milioni ed effettivamente consegnate armi e sistemi militari per altri 147 milioni.

Tra i materiali autorizzati c’è di tutto, come emerge dall’ultima relazione sull’export armato consegnata in Parlamento dal governo: armi di calibro superiore ai 19.7mm, munizioni, bombe, siluri, arazzi, missili e accessori oltre ad apparecchiature per la direzione del tiro, aeromobili e software. Il pericolo, più che concreto, è che adesso tali armamenti vengano utilizzati anche nei raid in Siria. “Chiediamo con forza al Governo italiano di adoperarsi per fermare un’escalation di conflitto inaccettabile – afferma non a caso il coordinatore della Rete, Francesco Vignarca – In particolare risultano drammatiche le notizie di fonte curda secondo le quali i primi bombardamenti avrebbero colpito anche obiettivi civili”.

Esattamente come accaduto in Yemen con la coalizione saudita. La legge di riferimento – la numero 185 del 1990 – d’altronde parla chiaro: “L’esportazione ed il transito di materiali di armamento sono vietati […] verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell’articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite”. Ma c’è anche un altro aspetto. Come spiega l’analista Giorgio Beretta, “non è accettabile che il nostro Paese, che ha attivamente sostenuto l’impegno delle popolazioni curde di contrasto all’Isis, continui a inviare sistemi militari alla Turchia che oggi intende occupare militarmente i territori curdi”. Un concetto, questo, espresso anche dallo stesso ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. E, in ultima istanza, è proprio la Farnesina a dover decidere sul da farsi, occupandosi delle autorizzazioni all’esportazione di armamenti. Una questione piuttosto delicata considerando che anche i 5 Stelle hanno chiesto lo stop alla vendita di armi.