Ai lavoratori italiani 15mila euro in meno dei tedeschi in busta paga. Ma c’è ancora chi rema contro il salario minimo

I lavoratori italiani nel 2021 hanno percepito 15mila euro in meno dei tedeschi e quasi 11mila rispetto ai francesi.

Ai lavoratori italiani 15mila euro in meno dei tedeschi in busta paga. Ma c’è ancora chi rema contro il salario minimo

Quindicimila – dicansi 15mila – euro in meno rispetto alla Germania, inferiori di 10mila 700 euro se il raffronto è con la Francia e quasi 8mila euro sotto la media dell’Eurozona. È l’inesorabile parabola – ovviamente discendente – dei salari italiani rispetto agli altri grandi – e non solo – Paesi europei. A rivelarlo, l’analisi condotta dalla Fondazione Di Vittorio e Cgil – Salari e occupazione in Italia nel 2021. Un confronto con le principali economie dell’Eurozona dalla quale emerge un quadro desolante.

Salari da fame, sono inferiori di 10mila 700 euro se il raffronto è con la Francia

Se rispetto al 2020 l’aumento del salario lordo annuale medio è stato più marcato in Italia – ma per il semplice fatto che nel primo anno della pandemia il nostro Paese aveva sofferto una diminuzione molto più accentuata – se si confronta il salario lordo annuale medio del 2021 con quello del 2019 la forbice delle retribuzioni tra l’Italia da un lato, Francia e Germania dall’altro, si è ulteriormente ampliata: da 9mila 800 a 10mila 700 euro con quelle francesi e da 13mila 900 a 15mila mila euro con quelle tedesche.

Eppure, da Confindustria ai sindacati, passando per buona parte delle forze politiche italiane, c’è chi continua ad opporsi ad un salario minimo legale, già in vigore peraltro in 21 dei 27 Paesi dell’Unione europea.

Ma c’è ancora chi rema contro il salario minimo

Da Forza Italia che, con il ministro Renato Brunetta, lo definisce “un grande malinteso” dal momento che “la direttiva (europea, ndr) nulla impone al nostro Paese” perché “un buon contratto vale molto più di una tariffa minima oraria”.

A Fratelli d’Italia che, con Giorgia Meloni in persona, si spinge addirittura oltre: non solo il salario minimo “rischia di essere uno specchietto per le allodole”, ma nel mirino della leader della destra finisce anche il Reddito di cittadinanza che “va cancellato”.

Per non parlare di Confindustria, Carlo Bonomi, che interpellato dal Corriere della Sera, si chiama di fatto fuori dalla discussione. Per il numero uno di Viale dell’Astronomia il salario minimo è una strada utile solo in quegli ambiti lavorativi regolati dai cosiddetti contratti pirata. Ma questo, non è il caso dei contratti nazionali firmati da Confindustria, dove anche le qualifiche più basse prevedono cifre superiori ai 9 euro lordi ipotizzati come soglia base dalla legge sul salario minimo.

E che dire delle barricate alzate anche da un pezzo del mondo sindacale? “La via per innalzare i salari, le tutele e i diritti dei lavoratori è la contrattazione”, è il pensiero del segretario generale della Cisl, Luigi Sbarra, consegnati sempre al Corriere della Sera.

“Solo nei Paesi che non hanno una contrattazione adeguata, che, non a caso, sono anche quelli con i salari più bassi e i minori diritti – aggiunge il leader della Cisl -. Per l’Italia non c’è alcun obbligo di salario minimo, perché abbiamo un sistema contrattuale che copre molto al di sopra della soglia dell’80% prevista dalla direttiva Ue. Per noi, dunque, c’è solo l’incoraggiamento a rafforzare la contrattazione”.