Ai riders vanno riconosciute le stesse tutele del lavoro subordinato. La Cassazione respinge il ricorso di Foodora. M5S: “Italia primo Paese Ue ad aver introdotto una disciplina di riferimento”

Ai ciclofattorini che consegnano a domicilio cibo e altri prodotti vanno applicate le tutele del lavoro subordinato, come previsto dal Jobs Act, nella forma ‘ibrida’ delle “collaborazioni organizzate dal committente”. E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione respingendo il ricorso di Foodinho, nel contenzioso tra Foodora e cinque riders di Torino. “Dal primo gennaio 2016 – spiega la sezione Lavoro della Cassazione nella sentenza n. 1663 – si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato tutte le volte in cui la prestazione del collaboratore abbia carattere esclusivamente personale e sia svolta in maniera continuativa nel tempo e le modalità di esecuzione della prestazione, anche in relazione ai tempi e al luogo di lavoro, siamo organizzate dal committente”.

Questo perché, spiegano i supremi giudici, “quando l’etero-organizzazione, accompagnata dalla personalità e dalla continuità della prestazione, è marcata al punto da rendere il collaboratore comparabile ad un lavoratore dipendente, si impone una protezione equivalente e, quindi, il rimedio dell’applicazione integrale della disciplina del lavoro subordinato. Si tratta di una scelta politica legislativa volta ad assicurare al lavoratore la stessa protezione di cui gode il lavoratore subordinato, in coerenza con l’approccio generale della riforma, al fine di tutelare prestatori evidentemente ritenuti in condizione di ‘debolezza’ economica, operanti in una ‘zona grigia’ tra autonomia e subordinazione, ma considerati meritevoli comunque di una tutela omogenea”.

“L’Italia è il primo Paese europeo ad aver introdotto una disciplina di riferimento sul lavoro dei Riders, ora peraltro all’attenzione dell’Unione europea, che guarda con interesse al nostro diritto interno per introdurre una disciplina analoga a livello comunitario. Grazie al M5S, il nostro è stato il primo Paese dell’Ue a riconoscere ed estendere i diritti e le tutele del lavoro subordinato a quell’esercito di operatori della gig economy, finora considerati invisibili”. Commentano in una nota i senatori del M5S della commissione Lavoro di Palazzo Madama.

“Oggi, infatti, la Cassazione – proseguono i parlamentari pentastellati – riconosce pienamente in modo chiaro, preciso e puntuale a questa categoria di lavoratori le caratteristiche del lavoro subordinato ‘quando l’etero-organizzazione, accompagnata dalla personalità e dalla continuità della prestazione, è marcata al punto da rendere il collaboratore comparabile ad un lavoratore dipendente, si impone una protezione equivalente e, quindi, il rimedio dell’applicazione integrale della disciplina del lavoro subordinato'”.

“Se oggi l’Italia si è dotata di una disciplina di base – commentano ancora i senatori M5S -, ancor prima della pronuncia della Cassazione che arriva in seguito ad un contenzioso instaurato proprio perché non esisteva una normativa di riferimento si deve alla caparbietà e alle battaglie per i diritti che il M5S e i ministri del Lavoro Luigi Di Maio prima e Nunzia Catalfo dopo hanno portato avanti in questi mesi”.