Al via l’indagine di sieroprevalenza di Iss e Istat. Coinvolgerà 150mila persone residenti in oltre duemila comuni. Gli immuni potrebbero essere 8 milioni

“Dalla prossima settimana ci sarà un’indagine di sieroprevalenza elaborata con Iss e Istat che coinvolgerà un campione significativo della cittadinanza (150mila persone in oltre 2mila comuni) per comprendere la distribuzione a livello nazionale del contagio”. E’ quanto ha annunciato il coordinatore del Comitato tecnico-scientifico sull’emergenza Covid-19, Agostino Miozzo, in audizione alla Commissione Affari sociali della Camera. “La Fase 2 – ha detto ancora il dirigente del Dipartimento di Protezione civile – è fondamentale perché ci sta traghettando verso un relativo ritorno alla normalità. Siamo sempre discretamente preoccupati, guardiamo come un incubo all’indice R con zero che deve restare sotto l’1. In altri Paesi un troppo veloce allentamento delle misure di contenimento ha causato una salita dell’indice sopra 1. Serve grande prudenza e ragionare settimana per settimana”.

Secondo tre indagini condotte da Doxa su tutto il territorio nazionale e coordinate dall’Università Statale di Milano, il 14% della popolazione ha riferito sintomi correlati al Covid-19 fra il 13 marzo e il 7 aprile. Anche ipotizzando che solo la metà dei sintomi segnalati sia riconducibile all’infezione, riferisce Scienza in rete, la terza indagine conferma che circa il 4% della popolazione (il 6-7% in Lombardia) sarebbe stata contagiata nella seconda metà di aprile. Ciò corrisponderebbe ad oltre 2 milioni di soggetti e mezzo milione nella sola Lombardia, ai quali vanno sommati quelli delle settimane precedenti, raccolti nelle due precedenti survey Doxa, per arrivare a 8 milioni italiani e oltre 2 milioni di lombardi potenzialmente già immuni.

E riguardano proprio i test sierologici le Faq appena pubblicate sul sito del Garante della privacy per fornire indicazioni, per un corretto trattamento dei dati personali da parte di pubbliche amministrazioni e imprese private e per chiarire i presupposti per l’effettuazione dei test nei luoghi di lavoro. Il Garante ha specificato, in particolare, che, nell’ambito del sistema di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro o di protocolli di sicurezza anti-contagio, il datore di lavoro può richiedere ai propri dipendenti di effettuare test sierologici solo se disposto dal medico competente o da altro professionista sanitario in base alle norme relative all’emergenza epidemiologica.

Solo il medico del lavoro, infatti, nell’ambito della sorveglianza sanitaria, può stabilire la necessità di particolari esami clinici e biologici. E sempre il medico competente può suggerire l’adozione di mezzi diagnostici, quando li ritenga utili al fine del contenimento della diffusione del virus, nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie, anche riguardo alla loro affidabilità e appropriatezza. Nelle Faq l’Autorità precisa anche che le informazioni relative alla diagnosi o all’anamnesi familiare del lavoratore non possono essere trattate dal datore di lavoro (ad esempio, mediante la consultazione dei referti o degli esiti degli esami). Il datore di lavoro deve, invece, trattare i dati relativi al giudizio di idoneità del lavoratore alla mansione svolta e alle eventuali prescrizioni o limitazioni che il medico competente può stabilire.