L’obiettivo dichiarato da tutti (in Occidente) è arrivare a un cessate il fuoco in Ucraina; quello di Mosca massimizzare i guadagni territoriali, cercare di rompere l’isolamento diplomatico e aviare una normalizzazione delle relazioni bilaterali con gli Usa (da qui la lusinga di ieri di Vladimir Putin a Donald Trump: “Sforzi molto energici e sinceri per uscire dalla crisi e raggiungere accordi che soddisfino tutte le parti coinvolte”).
Il vertice fra il presidente Usa e l’omologo russo di oggi nella base militare Elmendorf-Richardson ad Anchorage, in Alaska, ruoterà attorno a questi due cardini. Un vertice che inizierà con un primo colloquio bilaterale fra i due capi di Stato, cui seguiranno negoziati allargati e una conferenza stampa che, secondo il Cremlino, sarà congiunta (ma su questo Trump ha dei dubbi).
The Donald grande protagonista
Assenti – perché non desiderati – Unione europea e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, grande protagonista del summit sarà The Donald, che si presenterà con un profilo ambivalente. Dopo aver inizialmente definito l’incontro “un esercizio di ascolto”, ha alzato i toni, affermando che “le conseguenze saranno molto gravi” se Putin non accetterà di porre fine alla guerra.
Il presidente Usa ha anche dichiarato che, se il summit avrà esito positivo, si potrà tenere un secondo incontro, questa volta con Zelensky in una sede ancora da stabilire. “Questo incontro prepara il terreno per il secondo. Il secondo incontro sarà molto, molto importante, perché sarà un incontro in cui si troverà un accordo”, ha detto ieri Trump a FoxNews. Trump ha aggiunto che sarebbero tre le località possibili per quest’eventuale secondo appuntamento, fra le quali la stessa Alaska (“è più semplice”).
Se il summit fallisce, tutti a casa
In caso contrario, “non ci sarà alcun proseguimento del dialogo”. Se si dovesse verificare questo scenario e “l’incontro dovesse rivelarsi un fallimento”, non ci saranno conversazioni telefoniche con nessuno: “Se l’incontro sarà negativo, non chiamerò nessuno, me ne andrò a casa.
Ma se l’incontro sarà positivo, chiamerò il presidente Zelensky e i leader europei”, ha spiegato ieri con la sua logica elementare. The Donald ha affermato di non essere “sicuro che si otterrà un cessate il fuoco immediato, ma penso che lo otterremo. Sapete, sono più interessato a un accordo di pace immediato, una pace rapida”. Per far capire la situazione il tycoon ha riferito che “c’è il 25% di possibilità che questo incontro non abbia successo”, paventando sanzioni in caso di esito non positivo.
Da Trump incentivi economici e terre rare a Putin per il cessate il fuoco
Secondo le indiscrezioni, Trump punterebbe a offrire a Putin anche incentivi economici per un cessate il fuoco, tra cui l’accesso alle risorse minerarie dell’Alaska e delle regioni occupate in Ucraina, la riapertura di canali commerciali e la revoca parziale di sanzioni, incluse quelle relative alla manutenzione della flotta civile russa.
Dubbi sui consiglieri di The Donald, non all’altezza
Tuttavia, come riferisce il Financial Times, la composizione della delegazione statunitense desta preoccupazioni tra gli osservatori internazionali. Trump ha infatti escluso diplomatici esperti di Russia e Ucraina, affidandosi a figure di fiducia come Steve Witkoff, imprenditore immobiliare sinora privo di esperienza diplomatica, e il segretario di Stato Marco Rubio. Secondo diversi ex ambasciatori ed ex consiglieri per la sicurezza nazionale, si tratta di un deficit strategico che potrebbe rendere Trump vulnerabile alla retorica di Putin. “Non si può permettere che lui e Witkoff improvvisino, perché non ne sanno abbastanza”, ha commentato l’ex ambasciatore Daniel Fried.
Trump in Alaska si gioca tutto
Di sicuro per Trump, il vertice rappresenta una prova cruciale. Se avrà successo, potrà accreditarsi come l’uomo che ha posto fine al conflitto ucraino. Se invece fallirà nel contenere Putin o nel difendere gli interessi euroatlantici, si ritroverà esposto a forti critiche interne e internazionali. In gioco non c’è solo la pace in Ucraina, ma anche la credibilità degli Stati Uniti come garante dell’ordine mondiale. E fino a oggi non è che abbia fatto proprio un ottimo lavoro…