Altro che clima d’odio. Così la Giustizia diventa meno credibile. Qualche magistrato ora fa la vittima Ma a Milano c’è stata “solo follia”

Non è certo questo il caso di una strage in nome dell’odio contro le toghe. A dirlo è pure l’Unione delle Camere Penali: “Evocare un clima contro i giudici in riferimento alla strage del tribunale di Milano è fuorviante e quantomeno inopportuno”. Nella nota si legge che “la gravità del fatto è chiara ed è attribuibile a una lucida follia, frutto forse della disperazione e di un disagio sociale, che spesso si interseca a una sofferenza di natura psicologica: in questo contesto, sul processo, civile o penale che sia, si scaricano tutte le tensioni e le aspettative sociali, il che rende più vulnerabili i suoi protagonisti, senza nessuna distinzione”.

IL TEATRINO
Eppure più di qualcuno sembra voler cavalcare l’onda. Il primo polverone è stato alzato subito dopo la strage, quando ancora non si conosceva nemmeno il numero delle persone morte, da Gherardo Colombo. Il giudice ha parlato “di un clima d’odio che c’è oggi contro la magistratura”. L’omicida, Claudio Giardiello, non ha ammazzato soltanto il giudice Fernando Ciampi, ma anche un avvocato e il coimputato. Un atto contro l’intero sistema, più che contro una singola costola.

LA REAZIONE
A Colombo, infatti, hanno risposto vari esponenti dei partiti politici. Fabrizio Cicchitto, ha definito, l’intervento del magistrato “una mediocre speculazione”. L’esponente del Nuovo centrodestra ha risposto duramente a quelle accuse buttate nell’aria: “Sembra quasi che chi contesta gli orientamenti di una parte della magistratura sia il mandante morale o ideologico di chi ha sparato”. Una posizione sostanzialmente condivisa anche da diverse anime del Partito democratico e di Forza Italia che non ci stanno a passare per i mandanti dell’episodio.

CHE POLVERONE
L’esecuzione del povero giudice Ciampi è avvenuta nella sezione fallimentare del tribunale di Milano. Anche per questo appare, forse un po’ troppo azzardato mettere in relazione quanto accaduto giovedì a Milano ad altre storie di giudici costretti a vivere in trincea o abbandonati pure dallo Stato (insomma non sembra lo stesso clima del ‘92). A ribadire il concetto oltre che l’Unione delle Camere penali pure l’Oua (l’organismo unitario dell’avvocatura) chiedendo di mettere fine alle polemiche sterili, ricordando che nei tribunali lavorano fianco a fianco avvocati e magistrati, nonché tutti gli altri operatori del settore. “Sarebbe inaccettabile”, scrive l’Oua, “che si facessero differenze di fronte a un fatto tragico come questo: non esistono vittime di serie A e di serie B”. Altra storia è l’incrinarsi del rapporto cittadini-magistratura. Una questione di credibilità dovuta forse alle troppe inchieste spettacolari, a tempi biblici dei processi e a sentenze ondivaghe. Ma l’episodio di Milano sembra solo la storia di un uomo che ce l’aveva con tutti. Pure col cugino a cui ha sparato senza farsi troppi scrupoli.