Altro che record dell’occupazione, il lavoro in Italia è sempre meno giovane

Mentre si festeggiano nuovi record dell'occupazione, continua a crollare il numero di under 35 nel mercato del lavoro.

Altro che record dell’occupazione, il lavoro in Italia è sempre meno giovane

L’occupazione cresce e raggiunge nuovi record, vero. Ma che sia un’occupazione di qualità è da escludere e questa non è certo una novità. Non solo, perché l’altro dato che emerge dal rapporto del Cnel su “Demografia e forza lavoro” è che l’aumento riguarda soprattutto le fasce di popolazione più grandi, mentre a far fatica a entrare nel mercato occupazionale sono i giovani.

La colpa è, ovviamente, in gran parte del calo demografico, ma la cattiva notizia è che il nostro Paese ha sempre meno giovani lavoratori, venendo quindi a mancare anche un apporto fondamentale dal punto di vista della forza lavoro. Ciò che è necessario, quindi, è che tanto la politica quanto le aziende inizino a lavorare per conciliare maggiormente i tempi di vita e di lavoro, sfruttando al meglio le nuove tecnologie per favorire l’ingresso nel mercato di sempre più giovani, ma anche di donne e immigrati. C’è un dato che semplifica questo andamento nel miglior modo possibile: negli ultimi 20 anni il numero degli occupati al di sotto dei 35 anni, in quella che è considerata la fascia d’età che rappresenta il motore dell’economia, si è notevolmente ridotto. Parliamo di oltre due milioni di giovani lavoratori in meno. All’opposto, invece, il numero di lavoratori tra i 50e i 64 anni è raddoppiato.

L’occupazione è sempre meno giovane: ragioni e numeri

Questo trend, inesorabile, dipende dall’invecchiamento dei baby boomers, ma non solo. Pesa anche il calo del tasso di natalità, così come la stretta sull’accesso alle pensioni anticipate. Così gli occupati tra i 15 e i 34 anni sono passati da 7,6 milioni nel terzo trimestre del 2004 a 5,4 milioni nel terzo trimestre del 2024. Il calo, in venti anni, è stato di circa 2,2 milioni di lavoratori.

L’esatto opposto si registra tra gli occupati in età compresa tra i 50 e i 64 anni: si è passati da 4,5 milioni a più di 8,9. Netto l’aumento anche per le persone occupate tra i 50 e gli 89 anni, che sono passate da 4,87 milioni del 2004 a 9,78 milioni nel terzo trimestre del 2024. Parliamo di quasi cinque milioni in più. A scendere, invece, il numero di occupati non solo tra gli under 35, ma anche tra i lavoratori in età compresa tra i 35 e i 49 anni: da 9,8 a 8,8 milioni. Così l’incidenza degli under 35 sul totale degli occupati, si spiega nel testo, è scesa da valori superiori al 33% fino a un ben più ridotto 23%, ovvero meno di uno su quattro. Inutile dire che l’occupazione tra gli over 50 è invece aumentata da poco più del 20% fino a oltre il 40%. Per quanto riguarda la fascia tra i 35 e i 49 anni, il calo è iniziato più di recente e il tasso è sceso dal 47% al 37%, in maniera più contenuta rispetto agli under 35.

La pandemia ha cambiato alcuni meccanismi del mercato del lavoro, con il tasso di occupazione tra i 25 e i 34 anni che è passato dal 63% al 68% del 2023. Questo segnale, secondo il rapporto, vuol dire che “la carenza di manodopera sta incentivando le aziende e le organizzazioni a cercare di essere più attrattive verso le nuove generazioni”. Resta però rilevante il divario rispetto alla media dell’Ue sul tasso di occupazione: nella fascia 15-24 anni il gap è di quasi 15 punti percentuale e supera i 10 nella fascia tra i 25 e i 34.

La soluzione, per il Cnel, è mettere in campo politiche a favore dell’occupazione giovanile e femminile, anche attraverso un miglioramento delle condizioni per conciliare vita e lavoro. C’è un solo dato positivo in questo contesto: la “sottoutilizzazione” di queste componenti permette all’Italia di avere potenzialmente “maggior margine di spinta positiva su occupazione e crescita economica”. Staremo a vedere se riuscirà a sfruttare quest’opportunità.