Altro che svolta Mediaset. Berlinguer non basta per rifarsi una verginità

Mediaset, da sempre fortino di interessi (e solo dopo di idee) del capo Silvio Berlusconi ora si scopre patria del “pluralismo”.

Altro che svolta Mediaset. Berlinguer non basta per rifarsi una verginità

A Mediaset, quando hanno saputo che Bianca Berlinguer sarebbe stato il primo vero “colpo” di Piersilvio Berlusconi nell’anno zero dopo Silvio, hanno commentato così: “Abbiamo comprato il cognome”. A ben vedere il cognome ce l’avevano già, Laura (sorella minore di Bianca) a Mediaset è di casa da tempo, giornalista apprezzata di cose di politica. Ma Bianca Berlinguer è “la figlia di Berlinguer” che gli italiani conoscono e riconoscono, e Berlusconi jr, come il padre, sa bene che ciò che conta è avere una buona storia facilmente riconoscibile da raccontare.

Mediaset, da sempre fortino di interessi (e solo dopo di idee) del capo Silvio Berlusconi ora si scopre patria del “pluralismo”

La “storia” da servire è già cotta: Mediaset, da sempre fortino di interessi (e solo dopo di idee) del capo Silvio Berlusconi ora si scopre patria del “pluralismo”. “Basta trash e più informazione, ecco la nuova Mediaset di Pier Silvio Berlusconi” battono le agenzie, titolano i giornali, dice la gente. Basta l’ingaggio di Bianca Berlinguer per sventolare una verginità prêt-à-porter da rifilare all’opinione pubblica e gli inserzionisti. Secondo i canoni della buona pubblicità la narrazione è sostenuta da un “nuovo” che arriva (il caravanserraglio berlingueriano che fu Cartabianca) e un “vecchio” che si rottama.

La vittima sacrificale è Barbara D’Urso, che dopo 20 anni si ritrova in panchina. Niente paura, la panchina è comoda e ben pagata fino a dicembre. Poi nel 2024 in questo calderone di finto mercato televisivo che mischia le carte ma mantiene sempre gli stessi protagonisti uno spiraglio si aprirà anche per lei. L’ex conduttrice di Pomeriggio 5 promette battaglia: “Continuano a dirmi trash: se fossi trash, – dice – col programma sotto testata giornalistica avrei un richiamo dal cdr, mai successo”.

A conti fatti il tele-mercato estivo ha rimescolato le carte di un mazzo che è rimasto intatto

Non ha tutti i torti. Sono in molti a chiedersi come possano essere definiti “giornalistici” programmi televisivi che sfidano i principi deontologici della professione. Nella favola di Mediaset improvvisamente responsabile, plurale e adulta ci sono, ovviamente, delle omissioni. Anche questa è una vecchia regola: raccontare solo ciò che è funzionale alla narrazione è il principio di ogni propaganda. Passa in secondo piano quindi che Bianca Berlinguer sia stata lasciata partire dalla Rai anche per i risultati più che deludenti della sua trasmissione regolarmente battuta da Giovanni Floris su La 7.

Passano in secondo piano anche gli ospiti della corte di Bianca che Mediaset ha garantito di non toccare. Che Mauro Corona con il suo grappino possa diventare simbolo di “un’apertura al pluralismo” e a un “giornalismo meno trash” è una boutade cui non credono nemmeno coloro che sono costretti a ripeterla. Stessa cosa per Myrta Merlino, data in dirittura d’arrivo alla corte di Pier Silvio nel cestello dei “nuovi”: le sfumature delle solite posizioni rivendute come idee contrapposte è il segreto di sistema per garantire la sua autopreservazione. Un metodo che si subblima con Piero Sansonetti, dilagante da anni sulle reti del Biscione, ora con l’etichetta di direttore dell’Unità, anche se in mille circostanze pronto a sponsorizzare le destre, e comunque sempre contro Conte e i 5 Stelle.

Uscendo dal racconto, provando a osservare a una giusta distanza, il telemercato estivo è stato un rimescolamento di carte che ha lasciato intatto il mazzo. Si sventola l’etica per proporre come verginità un complessivo maquillage con un trucco steso di fretta e male. Quelli riescono a svicolare dal tetto di stipendio della televisione pubblica, questi riescono a simulare un claudicante progressismo e la politica, dall’alto, controlla che la somma comunque alla fine sia sempre zero.

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