Altro che vincitore, Letta è ostaggio delle correnti. Dopo aver fallito l’operazione Draghi al Quirinale il segretario del Pd è assediato pure sulla legge elettorale

Dopo aver fallito l'operazione Draghi al Quirinale il segretario del Pd Enrico Letta è assediato pure sulla legge elettorale.

La rielezione di Sergio Mattarella al Quirinale ha avuto come effetto quello di terremotare tutti i partiti. Certamente Enrico Letta, segretario del Pd, è colui che tra i leader meno deve fronteggiare rese dei conti interne. Ma non si può certo dire che la sua leadership esca rafforzata dal braccio di ferro che si è consumato dentro e fuori i partiti. Lo sapevano anche i muri che Letta era il principale sponsor dell’attuale premier nella corsa al Colle. E solo alla fine, di fronte allo stallo e dietro il pressing delle correnti dem, si è ritrovato a rivendicare la scelta di aver puntato anche lui su Mattarella sin dal principio.

Tra i primi dentro il Pd a fare il tifo per l’operazione del bis sono stati i Giovani turchi, che fanno capo a Matteo Orfini (leggi l’articolo). E che, dopo che i senatori M5S si erano espressi per il bis di Mattarella, ai primi del mese scorso avevano palesato l’intenzione di fare il nome di Mattarella a Letta in occasione della riunione di metà gennaio con direzione e gruppi parlamentari. Certo, anche Letta, pressato sull’ipotesi di un Mattarella bis aveva detto “sarebbe il massimo”, frase che i lettiani hanno rivendicato come prova che anche il segretario del Pd tifasse per la riconferma dell’attuale numero uno del Quirinale.

Ma, ripetiamo, era noto a tutti che dietro la volontà manifestata dal segretario a più riprese di voler tutelare la figura e il prestigio dell’attuale premier c’era la volontà di assecondare il desiderio di Draghi – anche questo noto anche ai muri – di voler scalare il Colle più alto. A remare contro questa ipotesi non c’erano solo i Giovani turchi. Ma anche buona parte di Base riformista e big del partito del calibro di Dario Franceschini, Andrea Orlando e Goffredo Bettini.

A Letta poi c’è da chiedere quanto possa fare bene l’abbraccio di Matteo Renzi. Che ora si dimena per denunciare che sul nome dell’attuale numero uno del Dis, Elisabetta Belloni, c’era un asse tra Giuseppe Conte (M5S) e Matteo Salvini (Lega) ma salva Letta. Nel mirino c’è il famoso vertice di venerdì scorso tra Conte-Letta-Salvini, al termine del quale tanto Conte quanto Salvini hanno lasciato intendere che s’avanzava una candidatura femminile per il Colle.

Il segretario del Pd molto più furbescamente non ha detto nulla. Dunque non è dato sapere se ci fosse anche il suo sì. Fatto sta che il non aver rilasciato dichiarazioni gli ha permesso poi, una volta bruciata la candidatura Belloni, di uscirsene con dignità e, una volta capito che tutto il suo partito e il Parlamento erano pronti a votare Mattarella, di agganciare anche lui il treno del bis. Ma anche su un altro fronte Letta pare che si avvii a rinnegare i suoi desiderata.

Il numero uno del Pd ha subito riaperto la discussione sulla legge elettorale. Perché ritiene quella attuale, il Rosatellum, “la peggiore di sempre”. Ma anche qui dovrà scendere a più miti consigli. Se Letta infatti si era espresso per il maggioritario all’inizio del suo mandato anche su questo fronte ha contro la maggior parte del suo partito che – da Franceschini a Orlando, da Bettini a Guerini fino a Orfini – fa il tifo per il proporzionale. Così come gli alleati del M5S e di Leu. E come con l’elezione del Capo dello Stato anche stavolta, c’è da scommettere, Letta sarà pronto a dichiarare che silenziosamente ha sempre lavorato per il proporzionale, qualora ovviamente si dovesse andare in questa direzione.