Con il settore dell’Informazione sempre più in crisi a causa del crollo della pubblicità, gli editori italiani hanno alzato la voce e lo hanno fatto insieme, mettendo nero su bianco un malessere diffuso causato dalle storture del mercato dominato dalle aziende della Big tech. Fieg, Aie e Confindustria Radio Tv hanno diffuso, poco fa, un appello congiunto in cui denunciano un mercato sempre più sbilanciato a favore delle grandi piattaforme digitali globali che, di fatto, stanno strozzando i media tradizionali. Un quadro che, secondo le tre organizzazioni, sta erodendo non solo i conti economici delle imprese editoriali, ma anche la tenuta stessa del pluralismo informativo.
L’appello è diretto e senza fronzoli nel sottolineare come il ruolo degli editori “oggi è minato” dall’operato delle Big Tech, accusate di aggregare e monetizzare contenuti giornalistici e creativi senza riconoscere adeguatamente i diritti d’autore ai legittimi proprietari. Ad aggravare il quadro, spiegano Fieg, Aie e Confindustria Radio e Tv, ci sono i servizi offerti gratuitamente in concorrenza con le fonti originali, in cambio di dati personali che alimentano un sistema pubblicitario in cui gli editori finiscono regolarmente penalizzati. Altra criticità è quella delle IA che stanno portando visite, quindi guadagni, ai siti dei media italiani. Una spirale che, nelle loro parole, indebolisce la sostenibilità finanziaria di chi produce informazione e cultura.
Il mondo dell’Informazione in rivolta contro le Big Tech: l’appello di Fieg, Aie e Confindustria Radio Tv per chiedere “supporto” al governo
Quel che è certo è che le associazioni, unite più che mai, ora puntano il dito soprattutto contro l’uso di algoritmi “non trasparenti”, che rendono gli editori dipendenti dalle piattaforme e ne limitano la capacità di raggiungere direttamente il pubblico. Un contesto, sostengono nel comunicato congiunto, in cui il principio di libertà d’impresa rischia di diventare “astratto”. Così, mentre gli editori rispondono legalmente di ciò che pubblicano, le Big Tech reclamano ampia immunità per ciò che circola sulle loro piattaforme, presentando come libertà di espressione contenuti che includono perfino notizie false e furti d’ingegno. Insomma una disparità di trattamento che non può più essere tollerata.
Nel documento la situazione di criticità viene definita “ormai sistemica”, con un’editoria fragile che ottiene sempre meno investimenti. Per effetto di ciò crolla anche l’innovazione e si assiste a una progressiva “desertificazione culturale” del nostro Paese. Del resto il dominio delle piattaforme della Big tech tende a uniformare l’offerta e marginalizzare le voci più piccole, riducendo la diversità delle opinioni e creando un meccanismo che non può che preoccupare perché i patron dei giganti dell’informatica hanno modo di condizionare l’opinione pubblica. Cosa ancora più grave, proseguono le associazioni, è che delegare a soggetti extra-nazionali la selezione e la distribuzione dei contenuti rende il Paese “più vulnerabile alla disinformazione”.
Da qui la richiesta, chiara, rivolta a governo e Parlamento al fine di intervenire “con urgenza” con politiche e norme capaci di riequilibrare un mercato ormai fuori controllo. Per riuscirci le associazioni propongono un approccio ampio, che tocchi tutela dei diritti d’autore, incentivi all’innovazione, concorrenza, fisco e applicazione dei nuovi regolamenti europei su digitale e intelligenza artificiale. L’obiettivo, scrivono, è garantire “un futuro al valore economico, sociale e culturale dell’impresa editoriale italiana”, definita presidio indispensabile della democrazia.