Armi all’Ucraina. Draghi se la svigna dal Parlamento. Il leader M5S chiede trasparenza. Ma il premier scappa in America

Lo scontro tra Mario Draghi e Giuseppe Conte pare assumere ogni giorno che passa i contorni di uno scontro totale.

Armi all’Ucraina. Draghi se la svigna dal Parlamento. Il leader M5S chiede trasparenza. Ma il premier scappa in America

Dire che i due leader siano ai ferri corti è forse un eufemismo. Lo scontro tra Mario Draghi e Giuseppe Conte pare assumere ogni giorno che passa i contorni di uno scontro totale. Prima il superbonus, dunque la posizione dell’Italia troppo sdraiata con la Nato, ancora l’inceneritore a Roma. E soprattutto l’invio di nuove armi – anche pesanti – all’Ucraina.

Lo scontro tra Draghi e Conte pare assumere ogni giorno che passa i contorni di uno scontro totale

Le divisioni tra Movimento cinque stelle e governo sembrano sempre più siderali. E ora l’impressione è che neanche si faccia nulla per ricomporre la frattura. Dopo che il ministro della Difesa Lorenzo Guerini due giorni fa aveva detto chiaramente che “l’impegno italiano continuerà a supportare l’Ucraina nella sua difesa dall’aggressione russa anche con dispositivi in grado di neutralizzare le postazioni dalle quali la Russia bombarda indiscriminatamente le città e la popolazione civile” (leggi l’articolo), facendo evidentemente intendere che nella lista degli armamenti italiani forniti a Kiev ci sono anche mezzi di offesa, Conte aveva immediatamente chiesto chiarimenti, spronando il presidente del Consiglio a venire in Aula a riferire, addirittura dicendosi “deluso” da Draghi avesse deciso di andare negli Stati Uniti da Joe Biden senza prima andare in Parlamento per chiarire e specificare la posizione dell’Italia in questa orribile guerra nel cuore dell’Europa.

E alla fine andrà proprio così: nessun cambio di programma da parte di Mario Draghi e nessun cambio di posizione del Movimento 5 stelle. Ormai mancano pochissimi giorni alla trasferta negli Stati Uniti (questa la posizione ufficiale da Palazzo Chigi) e dunque il premier non andrà in Aula a breve: la sua partenza è prevista per martedì 10 all’alba.

“I tempi sono stretti”, fanno sapere fonti dell’esecutivo secondo quanto raccontato ieri dal Fatto, “e la richiesta di Conte è isolata”. Solo il leader pentastellato, a quanto pare, chiede chiarimenti. Tutti gli altri sembrano fidarsi. Almeno a sentire Palazzo Chigi che comunque assicura che appena si rientrerà dal viaggio istituzionale sarà premura di Draghi riferire in Aula.

Un po’ pochino visto soprattutto il livello di scontro. Ma c’è un altro dettaglio che in questa partita politica non può sfuggire: in realtà un’ampia fascia del Pd e tutto Leu sono sulla stessa posizione di Conte. La comunicazione del governo, però, ancora una volta come già accaduto in passato, mira a isolare la voce contraria del Movimento, di modo che resti singola e non raccolga consenso in un momento delicato per la tenuta dell’esecutivo.

Ed è per questo che Conte ha provato a cogliere in contropiede Draghi: “Il Parlamento può riunirsi anche domenica”, aveva ribadito poco prima. Parole che tuttavia non hanno sortito effetto in quel di Palazzo Chigi. Il risultato è che alla fine quella di Draghi appare più come una fuga preventiva che un rinvio per mancanza di tempo.