Arrestato il consigliere sceriffo di Licata. Il gip dispone i domiciliari con braccialetto elettronico. É accusato di aver sparato all’ex socio

Arrestato il consigliere sceriffo di Licata. Il gip dispone i domiciliari con braccialetto elettronico. É accusato di aver sparato all’ex socio

Dopo l’autodenuncia davanti ai carabinieri (leggi qui), è scattato l’arresto del consigliere comunale di Licata, Gaetano Aronica. Nei confronti del politico, eletto nel 2018 con la lista “Lega Noi con Salvini” anche se dal partito fanno sapere che non risulta iscritto, il gip di Agrigento, Stefano Zammuto, ha emesso un’ordinanza di custodia cautelare ai domiciliari e con l’applicazione del braccialetto elettronico. L’uomo, finito sotto indagine dalla Procura guidata dal procuratore Luigi Patronaggio, è ritenuto responsabile del ferimento al braccio dell’ex socio con cui gestiva un’attività di onoranze funebri. Una società sulla cui gestione, secondo quanto trapela, i due si sarebbero scontrati più volte tanto che liti e tensioni erano all’ordine del giorno. A riprova di ciò e di quanto la cosa fosse nota in tutto il Paese, soltanto una settimana prima dell’agguato, come riportato dal quotidiano GrandangoloAgrigento.it, c’era stata una strana sparatoria il cui obiettivo era l’ingresso della sede dell’agenzia di onoranze funebri, in direzione della quale “erano stati esplosi diversi colpi di arma da fuoco”.

L’ORDINANZA

Dopo l’accaduto, Aronica si era presentato spontaneamente dai carabinieri, accompagnato dal suo legale, per raccontare l’accaduto e in quell’occasione ha fatto ritrovare l’arma usata per l’agguato. Si tratta di una pistola a tamburo, tipo revolver, calibro 22 e con matricola abrasa “tramite punzolatura” accompagnata da “diverse cartucce dello stesso calibro”. Stando a quanto trapela da fonti giudiziarie, durante la sua confessione in caserma, il politico si è giustificato: “Mi aveva provocato, vantandosi di essere riuscito a sottrarmi pure un magazzino, non volevo ucciderlo”. Una ricostruzione che non ha convinto i magistrati di Agrigento che, infatti, hanno chiesto e ottenuto il suo arresto. Misura, questa, che per il gip Zammuto non poteva essere rimandata vista la pericolosità dell’indagato. Come si legge nell’atto “ove non adeguatamente contenuto, c’è il concreto e attuale pericolo che commetta altri reati della stessa specie”. Non solo. Il giudice per le indagini preliminari non è convinto neanche della ricostruzione offerta dal consigliere di Licata. Nella decreto, infatti, si legge che “l’indagato ha posto in essere atti idonei e univocamente diretti a cagionare la morte” dell’ex socio. A riprova di ciò, prosegue il gip, “un proiettile ha frantumato il vetro, lato guida, dell’autovettura della vittima. Un altro, l’ultimo, è stato sparato da distanza ravvicinata, ha attinto, per fortuna, solo il braccio” della vittima “ma ben avrebbe potuto attingere organi vitali”. Ma c’è di più. Scandagliando sui rapporti tra Aronica e il suo ex socio è emerso, scrive il gip, “un contesto di elevata conflittualità” e “con molteplici riverberi giudiziari, e ciò per dissidi e questioni societarie afferenti l’agenzia”. Proprio all’interno di questa difficile convivenza, si legge nell’atto, il consigliere si sarebbe convinto dell’esistenza “di un disegno, ordito dai suoi soci, finalizzato ad estrometterlo dalla compagine sociale”.

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