Arriva un siluro per Poste

di Stefano Sansonetti

Inutile girarci intorno, per Poste Italiane il colpo è durissimo. Ancora più pesante se si considera che è contenuto in tre righe quasi nascoste all’interno del decreto legge competitività approvato lo scorso giugno. Il fatto è che nella giungla della conversione parlamentare, come spesso accade, è stato perfezionato un blitz destinato a dare parecchio fastidio all’azienda pubblica guidata da Francesco Caio, che tra l’altro si sta giocando partite importanti per presentarsi in “forze” all’appuntamento con una difficile privatizzazione. In sostanza le tre righe stabiliscono una volta per tutte che Poste non può offrire prestazioni in esenzione Iva, seppur rientranti nel servizio universale, quando le stesse prestazioni sono negoziate “individualmente” con i clienti. Nel mirino ci sono servizi come posta massiva, raccomandata e assicurata: milioni di invii sin qui garantiti dal colosso pubblico a grandi clienti come banche, assicurazioni e gruppi energetici in totale esenzione Iva. Peccato che tutto questo vada a cozzare fragorosamente contro i principi della concorrenza.

Le conseguenze
Insomma, quella che i nemici di Poste chiamavano la “pacchia” sembra finita. Con il rischio, confermato dalla società controllata dal Tesoro, di perdere quegli stessi grossi clienti: parliamo di gruppi come Unipol, Intesa Sanpaolo, Enel. Ma perché il decreto competitività interviene ora su una materia a dir poco delicata e complessa? In effetti quello dei servizi in esenzione Iva è un terreno di scontro antico. In Italia finora c’è stata una norma, l’art. 10 del dpr 633 del 1972, che si è limitata stabilire l’esenzione dall’imposta per le prestazioni del servizio universale postale. E visto che il servizio universale viene svolto solo da Poste, il colosso pubblico ha potuto godere di questo vantaggio che i concorrenti non avevano. Ma era una legge dello Stato a stabilirlo. La prima crepa nella normativa nostrana, però, viene aperta nel 2009 dalla Corte di giustizia Ue, secondo la quale l’esenzione Iva non può applicarsi ai servizi postali, seppur rientranti nel servizio universale, le cui condizioni siano negoziate dall’operatore (nel caso italiano Poste) direttamente con i clienti. La ratio è semplice: non si può esentare una prestazione contrattata coi clienti al di fuori delle tariffe standard accessibili a tutti.

Gli sviluppi
La decisione della Corte è la premessa per un durissimo provvedimento dell’Antitrust guidata da Giovanni Pitruzzella, datato 12 marzo 2013. Il responso è secco: vendendo questi servizi esenti da Iva, Poste è responsabile di abuso di posizione dominante. Inutile dire che nel procedimento davanti all’Authority si infilano i concorrenti olandesi di Tnt Post (oggi Nexive). Pitruzzella alla fine chiede di disapplicare la norma italiana, Poste risponde con un ricorso al Tar che però nel febbraio 2014 dà ragione all’Antitrust. Il gruppo pubblico fa appello al Consiglio di Stato, che deve ancora decidere. Una vera battaglia che il recente decreto cerca di risolvere sancendo l’abolizione dell’esenzione Iva per i servizi negoziati con i singoli clienti. Poste, contattata da La Notizia, fa sapere di essersi già adeguata alle indicazioni dell’Antitrust. Ma la partita non sembra affatto finita.

Twitter: @SSansonetti