Tra l’una e le quattro del mattino del 24 settembre, in acque internazionali a sud di Creta, la Global Sumud Flotilla è stata bersaglio di un’azione continuata: sorvoli ripetuti di droni ogni dieci minuti, interferenze sulle radio VHF, esplosioni a ridosso degli scafi. La missione umanitaria — che trasporta aiuti per Gaza con equipaggi civili e delegazioni da decine di Paesi — ha contato almeno tredici esplosioni o deflagrazioni nelle immediate vicinanze e oggetti sganciati su non meno di dieci barche.
Nessun ferito, danni materiali su più unità e un rischio per l’incolumità dei partecipanti tale da spingere gli organizzatori a parlare di “operazioni psicologiche” finalizzate a intimidire. I precedenti di settembre (un sabotaggio denunciato in Tunisia e successivi sorvoli in alto mare) compongono una sequenza che fa sistema. Lo dicono i dispacci della notte e la nota ufficiale della spedizione, che quantifica droni e impatti e chiede protezione agli Stati che hanno cittadini a bordo.
Le prove della notte e i danni dichiarati
Le comunicazioni diffuse dalla Flotilla documentano: droni non identificati, disturbo delle radio, esplosioni registrate da più imbarcazioni. In una comunicazione social citata dalle agenzie si legge che il limite a cui «si è disposti a spingersi» per prolungare l’assedio è “disgustoso”, ma «non ci faremo intimidire: continueremo a navigare»; cronologia e modalità coincidono con il quadro tracciato dalle fonti di stampa nelle ore successive.
L’impatto più grave è stato descritto a bordo della Zefiro, con lo strallo di prua distrutto da una deflagrazione; altre barche hanno segnalato vele principali strappate e avarie al rigging. Il conto delle esplosioni sale a tredici secondo la stessa missione.
La politica a bordo e le prime voci da dentro la Flotilla
La presenza di rappresentanti eletti ha reso l’attacco un caso politico immediato. L’eurodeputata di Alleanza Verdi e Sinistra Benedetta Scuderi, in collegamento dall’imbarcazione, ha riferito tre impatti di oggetti «che possono fare danni materiali», uno dei quali ha colpito l’albero rompendo la vela principale: «Eravamo in acque internazionali».
Il senatore M5S Marco Croatti — anch’egli imbarcato — ha messo a confronto la protezione diplomatica assicurata da Madrid alla Flotilla con il silenzio di Roma, legando la divergenza alla scelta sul riconoscimento dello Stato di Palestina. Le sue parole confermano il punto politico: quando le navi sono civili e battono bandiere europee, la tutela non è un atto discrezionale ma un dovere.
Le reazioni italiane: l’intervento di Tajani e ciò che resta scoperto
Alle 7:28 di stamattina la Farnesina ha formalizzato la linea: il ministro Antonio Tajani, a New York per l’Assemblea generale Onu, «ha chiesto all’ambasciata a Tel Aviv di assumere informazioni e di rinnovare la richiesta […] di garantire la assoluta tutela del personale imbarcato», ricordando che la Flotilla «incrocia in acque internazionali» e che a bordo ci sono «cittadini italiani, assieme a parlamentari ed europarlamentari». È un passaggio importante perché riconosce contesto giuridico e natura civile delle navi. Resta però l’assenza di una condanna esplicita degli attacchi con droni e, soprattutto, di misure concrete di protezione in mare.
Dall’opposizione arrivano richieste puntuali. Elly Schlein ha chiesto al governo italiano e all’Ue di «proteggere gli attivisti della flottiglia» e di smettere di «criminalizzare ogni piazza e ogni forma di dissenso», collegando le mobilitazioni in Italia al dovere di tutela dei civili in mare. AVS, con Angelo Bonelli e Nicola Fratoianni, ha definito gli eventi «attacchi militari a tutti gli effetti», ricordando che alcune imbarcazioni battono bandiera italiana e chiedendo «iniziative concrete» del governo.
“È un attacco indegno, inaccettabile. Mi sono messo in contatto con il nostro senatore Marco Croatti a bordo delle imbarcazioni della Flotilla verso Gaza e mi ha aggiornato sugli attacchi di stanotte alle barche, sui danni, sulle vele distrutte, evidentemente per sabotare questa missione umanitaria che ha la spinta di tutti coloro che non si girano dall’altra parte rispetto al genocidio del criminale governo Netanyahu a Gaza. Attacchi avvenuti in acque internazionali, nei pressi di Creta” scrive sui social il leader del M5s Giuseppe Conte.
Le opposizioni – Pd, M5s, Avs – hanno chiesto a inizio seduta la convocazione urgente di una capigruppo della Camera per discutere di quanto avvenuto questa notte. Decisa la protesta dei 5 stelle che con Ascari prima e Ricciardi dopo hanno annunciato che avrebbero bloccato “con ogni mezzo” i lavori parlamentari sia in Aula che nelle Commissioni. Il presidente di turno, Giorgio Mulè, ha riferito di aver avuto disponibilità da parte del presidente della Camera, Lorenzo Fontana, ad anticipare la capigruppo già convocata per questo pomeriggio, al termine dei lavori mattutini dell’Aula.
Sul piano internazionale, la relatrice speciale Onu Francesca Albanese ha rilanciato l’appello a proteggere la Flotilla; Amnesty Italia ha scritto «Giù le mani dalla Global Sumud Flotilla: i governi la proteggano». Nel frattempo, da Israele sono arrivate dichiarazioni che accusano la Flotilla di connessioni con Hamas, tesi utile a giustificare il blocco ma non suffragata da atti giudiziari resi pubblici. Il dato nuovo è politico: la Francia ha riconosciuto lo Stato di Palestina; la Spagna ha chiesto «di fermare il massacro» e di ammettere la Palestina all’Onu; più Paesi hanno invitato a un cessate il fuoco e a una protezione internazionale. In Italia, la stessa Farnesina ha ribadito ieri «il sogno dei palestinesi di avere uno Stato», senza però sciogliere il nodo operativo della tutela delle navi civili aggredite in alto mare.
Diritto del mare e responsabilità
Le norme sono chiare: in acque internazionali le navi civili non possono essere colpite o intimidite; le interferenze alle comunicazioni e l’uso di ordigni o oggetti dall’alto configurano atti ostili, tanto più se ripetuti e coordinati. La stessa nota della missione richiama la qualificazione penale: «qualsiasi attacco […] costituirebbe un crimine di guerra e un crimine contro l’umanità». È il punto di frizione tra legalità e forza che questa crisi mette a nudo: se gli Stati che hanno cittadini a bordo — Italia compresa — non attivano strumenti di tutela, l’impunità diventa prassi.
Cosa resta da fare, adesso
I fatti della notte a sud di Creta sono l’ennesimo tassello di una strategia di interdizione extragiudiziale contro una missione umanitaria. La protezione diplomatica dichiarata non basta se non è accompagnata da azioni verificabili: richiesta di inchiesta internazionale, missione di pattugliamento civile sotto egida Onu o Ue, pressione politica sui responsabili.
Finché la Flotilla resterà in mare, la credibilità del diritto — e dell’Europa che lo invoca — si misurerà su una domanda semplice: i civili possono navigare in sicurezza in acque internazionali? O la notte dei droni diventerà la nuova normalità del Mediterraneo?