Auto blu, farsa all’italiana. Tra i furbi pure la Lombardia

di Oscar Valori

Una sforbiciata, ma ancora poco convinta, alle auto blu. Una voce significativa in materia di spending review, per anni l’emblema della sprecopoli pubblica. Una voce su cui però l’Italia fa ancora fatica ad adeguarsi. Lo dice l’ultimo rapporto redatto da Formez su incarico del Ministero per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione. Un rapporto, aggiornato al primo giugno 2013, che riserva alla Lombardia una grande sorpresa.

La “tirata d’orecchi” del Ministro
Sono 8.293 gli enti che hanno deciso di dare risposta al questionario, il 94,6% del totale. E se qualche ente pubblico ancora cerca di sfuggire al monitoraggio, dai dati raccolti emerge un quadro sufficientemente significativo. La percentuale del calo di acquisto ed utilizzo di nuove auto è infatti appena del 6,3% nei primi 5 mesi del 2013. “Le auto blu sono ancora troppe – bacchetta allora il Ministro D’Alia -, dobbiamo ridurle e per questo intensificheremo un monitoraggio rigoroso”. All’interno del corpo totale di 56.886 vetture sono 6.723 quelle che posso essere definite auto blu, “automezzi a disposizione dei vari organi dello Stato per l’assolvimento delle funzioni istituzionali e oltre i 1600 cc di cilindrata”. A fare la parte del leone ( e del “monello”) sono le amministrazioni locali, che ne possiedono il 92,1%, a fronte di un 7,9% detenuto dalle amministrazioni centrali. Il 42,5% è utilizzato dai Comuni (che hanno dismesso solo l’1.5% dal 2012), il 30,4% dalle ASL e dalle Aziende ospedaliere, mentre il 4,2% sono in servizio presso la Pubblica Amministrazione centrale in senso stretto (Ministeri, Enti previdenziali, Università, Enti pubblici). “Non sono ammissibili i livelli che si registrano ancora nelle Regioni del Sud – prosegue il Ministro -. Devono darsi immediatamente una regolata, perché di fronte alle difficoltà dei cittadini non è più tempo di sprechi e incomprensibili privilegi”. Sud ma non solo, dicevamo. Sì perché la virtuosa Lombardia, che per anni ha dato a Roma della “ladrona”, è al terzo posto della graduatoria del possesso di auto blu e negli ultimi sei mesi si è “disfatta” di appena 53 vetture. Un dato in controtendenza e che dileggia il nuovo giro di vite voluto dalla Legge di stabilità del 24 dicembre 2012: divieto di acquisto di nuove autovetture e di stipula di contratti di locazione finanziaria aventi ad oggetto autovetture sino al dicembre 2014. L’unica eccezione consentita? Acquisti per “i servizi sociali e sanitari svolti per garantire i livelli essenziali di assistenza”. E il mondo dell’assistenza sociale, all’interno di questa classifica, gioca infatti un ruolo importante. Sono 544 quelle immatricolate in totale nel pubblico lombardo, tre in meno della Campania che è seconda. Staccatissima la Sicilia, con ben 763 auto blu in dotazione. Ma la ex virtuosa Lombardia, dicevamo, ha altri tristi primati. Parliamo del dato ancora negativo e poco virtuoso relativo alle modalità di acquisizione del parco auto, oggetto come ricordato di più stringenti norme governative. Al giugno 2013 infatti la Lombardia detiene una quota ancora troppo alta (l’86%) di auto in proprietà, lontanissima dai numeri di Lazio (69.1%) e Puglia (69,4%). Dalle parti di Milano e dintorni piace poco la formula, meno onerosa, del comodato o del noleggio (rispettivamente poco più dell’1 e del 12% sul totale). A possedere più auto blu ma a livello nazionale, in spregio al dettato della spending review, sono le comunità montane e i Comuni. All’interno di questa classifica, infine, chi continua a comprare con troppa disinvoltura sono gli Enti Parco Nazionale e gli Istituti di Ricovero e cura a carattere scientifico, accanto a Università statali e olitecnici Universitari pubblici. La spesa complessiva cui la P.A. italiana deve fare fronte? Parliamo di quasi 2.7 milioni di euro annui. Quanti invece stanno dismettendo il proprio parco auto? Parliamo di un totale nazionale di 2933 vetture, il 16.3% delle quali auto blu. I più virtuosi appaiono i consigli delle province e delle regioni autonome, mentre nella lista dei “cattivi” possiamo senz’altro annoverare le Asl (giustificate comunque dal rientrare a pieno nelle deroga normative per tipologia di servizio erogato).