Avetrana, Sabrina Misseri fornì un falso alibi

di Sergio Castelli

A quasi un anno dalla sentenza di condanna per l’omicidio di Avetrana (Taranto) di Sarah Scazzi, sono arrivate anche le motivazioni. La cugina della vittima, Sabrina Misseri, condannata all’ergastolo per l’omicidio (stessa pena anche per la zia materna di Sarah, Cosima Serrano), “ha fornito un falso alibi in relazione ai momenti in cui Sarah Scazzi veniva uccisa”. E’ quanto scrive la Corte di Assise di Taranto nelle motivazioni della sentenza del delitto di Avetrana. A confermarlo sono stati gli sms non veritieri che Sabrina ha inviato dal telefonino della cugina. Ma c’è di più. E i giudici scrivono nelle oltre 1.600 pagine per spiegare dettagliatamente il verdetto che: “Non sussiste alcun ragionevole motivo per il quale Michele Misseri avrebbe dovuto accusare ingiustamente, provocandone la sua carcerazione, proprio la figlia prediletta Sabrina e non altri soggetti”. C’è, inoltre, il soliloquio intercettato in auto il 5 ottobre del 2010 (oltre un mese dopo l’omicidio avvenuto il 26 agosto del 2010), dal quale emerge che “Michele Misseri non è più in grado di reggere il peso di ciò che egli sa essere accaduto”, e cioè che la figlia Sabrina, secondo la sentenza di primo grado, ha ucciso la cugina Sarah.

Il riepilogo
Solo poche settimane fa Corte d’Assise e Tribunale del Riesame hanno respinto la richiesta di libertà presentata da Franco Coppi e Nicola Marseglia, i due avvocati di Sabrina Misseri. I legali chiedevano la scarcerazione di Sabrina perché, secondo la loro opinione, “non era nelle condizioni psico-fisiche idonee per continuare in carcere la custodia cautelare scattata il 15 ottobre del 2010 e comunque non c’erano più le esigenze cautelari da tutelare dopo la sentenza di primo grado”. Per il Riesame la sentenza di condanna non si tratta di un elemento favorevole per la difesa. Oltre ad aver rinvenuto “comportamenti reiterabili della Misseri”. Oltre a Sabrina Misseri e Cosima Serrano per il delitto di Avetrana sono stati condannati Michele Misseri per concorso in soppressione di cadavere; condannati per lo stesso reato anche il fratello e il nipote di Michele Misseri stesso.